“Vir’ a sfugliatell’ e po’ muor‘”.Questo potrebbe essere l’adattamento adatto di un antico detto napoletano ad una delle delizie nostrane invidiata da tutta Italia e non solo.
Un portale per i turisti a NapoliLa sfogliatella napoletana, riccia o frolla che sia, ha una storia antica e nobile, che risale addirittura al 1700. A quell’epoca le cucine dei monasteri sfornavano leccornie di ogni sorta, grazie alle abili mani di monache esperte nell’arte della pasticceria.
La tradizione vuole che questo squisito dolce partenopeo sia nata proprio in un convento, quello di Santa Rosa, ubicato in Conca dei marini, una località in provincia di Amalfi. Un giorno, un “team” di suore, per sbaglio, diede vita ad una delle delizie che rimarrà nel cuore della “città ro’ sol'”. Riprodurre questo dolce, dopo quel fatidico giorno, non fu affatto semplice, ma le tenaci suore non si arresero.
Stesero in strisce strettissime lunghe parecchi metri e di un millimetro circa di spessore la pasta di sola farina, acqua, sale e sugna. In seguito, le arrotolarono due volte in rotoli strettissimi, che tagliarono a fette di un centimetro di spessore, dopo averli ripiegati a sacchetta o ad imbuto. Ultimo tocco fu quello di riempirli con un cucchiaio di ripieno di semolino, cotto in acqua bollente, ricotta, uova, zucchero, canditi a pezzetti.
Dopo la preparazione, le monache inserirono i fagottini di sfoglia in forno, a temperatura molto alta, e lasciarono che le stesse si cuocessero per una quindicina di minuti. Il risultato fu una schiera di bionde e croccanti conchiglie che, bagnate nello zucchero a velo, potevano essere servite sia calde, sia fredde. Proprio per l’enorme successo che la sfogliatella riscosse si decise di chiamarlo come l’antico monastero che lo aveva creato, Santa Rosa. Solo con la modifica apportata dal cavalier Pintauro, oggi possiamo denominare questa delizia del palato “Sfogliatella“.
MARIA ANNA FILOSA