La Guglia di San Domenico Maggiore. Ex voto dopo la peste del 1656 tra storia, arte e mistero
La Guglia di San Domenico Maggiore è uno dei più celebri monumenti della città, eretto come segno di ringraziamento per la realizzazione di un voto popolare, dopo la tragica peste del 1656 che colpì il Regno di Napoli.
Nella storica Piazza di San Domenico Maggiore, centro nevralgico del Decumano inferiore conosciuto come Spaccanapoli, sono incastonati come magnifici gioielli, i monumenti più celebri di Napoli: la Piazza, la Basilica e la Guglia di San Domenico Maggiore e i palazzi storici più prestigiosi.
La piazza e i suoi monumenti rappresentano il crocevia per raggiungere Piazza del Gesù, Via San Sebastiano, Piazza Miraglia, Via Tribunali, Piazzetta Nilo, Piazza del Gesù, Piazza del Gesù, Piazza del Gesù, Via San Gregorio Armeno.
Piazza San Domenico a Napoli, storia e curiosità
La piazza fu in principio uno slargo poco rilevante posto ai confini della città, attraversata dalla murazione del IV secolo occupata in buona parte dagli orti; con i sovrani aragonesi e con il Rinascimento, la piazza divenne in breve tempo il luogo privilegiato della nobiltà in rapporto con la vicina chiesa dei Domenicani, il nucleo religioso molto importante per la dinastia aragonese, scelti per custodire le spoglie mortali dei regnanti. Una piazza dal fascino sinistro carica di leggende oscure e di personaggi misteriosi.
O'Lavinaio a Napoli, perché si chiama così?La Basilica di San Domenico Maggiore fu eretta per volontà di Carlo II d’Angiò tra il 1283 e il 1324 e fu il centro conventuale dei Domenicani, il più vasto e ricco del Regno di Napoli, che conserva ancora oggi le tracce del passato dal Trecento fino al Novecento, con preziose opere d’arte e con i meravigliosi capolavori della scultura e pittura napoletana, con Domenico Antonio Vaccaro, Mattia Preti, Francesco Solimena, Luca Gordano, Belisario Corenzio. Dalla piazza, si accedere alla chiesa grazie ad una monumentale scalinata voluta da re Alfonso I d’Aragona che servì a collegare la precedente chiesa romanica di San Michele Arcangelo a Morfisa che fu inglobata nell’intero complesso.
L’interno è il tripudio dell’arte dove è facile smarrirsi fra numerose opere che adornano le cappelle come altrettanti sono i segreti che essa contiene: dai sotterranei usati come cripte, al mistero della sepoltura di Leonardo da Vinci, fino al rimando all’Ordine dei Cavalieri Templari espresso nell’architettura della chiesa.
Degne di nota sono le 42 arche sepolcrali rivestite di damasco, sete, broccato, velluto che contengono le spoglie dei personaggi e dei protagonisti associati alla corte aragonese.
Vi soggiornarono santi e filosofi illustri: San Tommaso D’Aquino, Giovanni Pontano, Giordano Bruno, Tommaso Campanella.
La Guglia di San Domenico ex voto: una storia di fede, di arte e di mistero
La Guglia di San Domenico Maggiore è successiva alla piazza e alla chiesa ma ugualmente ha una storia importante e ne è diventata l’emblema della città poiché definisce il centro esatto del perimetro storico di Napoli; è come una specie di ombelico in cui si addensano energie speciali.
L’obelisco gioca un ruolo fondamentale nella vita sociale di Napoli a seguito della peste del 1656; fu una delle epidemie più devastanti che il regno avesse mai conosciuta e che incise profondamente sulla demografia di tutto il Meridione per circa 60% della sua popolazione, definita per la sua gravità di diffusione un «contagio universale». L’Europa nel 1600 fu dominata da un susseguirsi di pestilenze e carestie che rappresentarono non soltanto delle forti emergenze sanitarie difficili da arginare ma anche delle gravi minacce economiche per le popolazioni più colpite.
Napoli conobbe l’ondata più violenta. Era il 1656 quando l’epidemia colpì l’Italia dalla Sardegna e in giunse rapidamente nel Regno di Napoli in maniera devastante. Solo Napoli contò un numero spaventoso di 240.000 morti su 450.000 abitanti mentre nell’intero regno si stimò circa 600.000 perdite umane.
Per contrastare quella sciagura, il popolo napoletano decise di erigere nello stesso anno un monumento ex voto a San Domenico (il santo venerato dai regnanti spagnoli sul trono di Napoli) raccogliendo cospicue somme di denaro, aiutati anche dai frati domenicani che si occuparono principalmente della gestione del cantiere aperto in piazza.
La committenza dell’opera fu affidata dapprima a Cosimo Fanzago tra il 1656 e il 1658 che ideò una struttura piramidale suddivisa in tre ordini: la base in piperno mentre il secondo e terzo ordine in tufo, con l’aggiunta di elementi decorativi e lapidi in marmo inseriti alla fine.
In seguito gli succedette Francesco Antonio Picchiatti fino al 1666 che ne modificò in parte il progetto originario, occupandosi di aggiungere i rivestimenti marmorei esterni dei due ordini con l’inserimento abbozzato di un gruppo di statue. Il ritrovamento archeologico dell’antica Porta Cumana in piazza San Domenico, arrestò di colpo la fabbrica.
I lavori proseguirono brevemente con Lorenzo Vaccaro (allievo del Fanzago) e nei successivi cinquant’anni fino al 1736 si conclusero con la maestria del figlio, Domenico Antonio Vaccaro che integrò gli studi e i bozzetti dei suoi predecessori per creare un’armonia d’insieme all’opera scultoea e architettonica. Egli completò la guglia con tutti gli elementi che vediamo: gli stemmi della città di Napoli, l’ordine dei Domenicani, l’ordine del re di Spagna e dei vicerè d’Aragona inseriti nel secondo ripiano. I quattro putti, i busti dei santi collocati nei medaglioni sono posti nel terzo ordine su tutte le facciate. I fregi, le sirene e le decorazioni sono espressamente eseguiti da Domenico Vaccaro.
La guglia altra all’incirca 26 metri fu terminata nel 1747 e solo dopo la morte dello scultore napoletano, fu issata e collocata la statua bronzea di autore ignoto di San Domenico, protettore degli astronomi, degli oratori e delle cucitrici.
Splendida è la realizzazione del basolato a stella bianca in contrasto con il manto stradale scuro, dall’effetto scenografico.
Tra i misteri che cela l’obelisco, alcuni sono davvero leggendari, come l’apparizione del fantasma della bellissima Maria D’Avalos che aleggerebbe intorno alla guglia; fu brutalmente uccisa nel 1590 in un delitto efferrato che passerà alla storia di tutte le cronache. Altro illustre fantasma che si aggira nel cuore della notte e il Principe Raimondo di Sangro di cui si raccontano storie, aneddoti, leggende, segreti tra le mura di Cappella e Palazzo Sansevero.
Un altro mistero sono le antiche mura di Neapolis: si narra che nel 1692 con il ritrovamento dei resti archeologici dell’antica Porta Cumana che in passato sorgeva in piazza San Domenico, Carlo Celano testimone oculare della cronaca, appurò che l’architetto Cosimo Fanzago si servì delle storiche pietre per innalzare la guglia di San Domenico, diventando il responsabile di quel prezioso furto. Ancora oggi si celano sotto la piazza i resti di piccoli ambienti di origine greca, sconosciuti alla comunità.
Parte di questi furono rinvenuti tra il 1982 e il 1984 nel cortile di Palazzo Corigliano sede dell’Università Orientale, rivelando una sorprendente strada degli inizi del II sec. a.C. visibili nella nota “Aula Mura Greche”.
La Guglia di San Domenico Maggiore è al centro anche di numerosi studi esoterici tra alchimia, filosofia, simbolismi templari, massoneria del ‘700 e la scuola ermetico-pitagorica dell’antica Neapolis; la sua esatta posizione inserita nel perimetro del decumano inferiore e la sua forma piramidale, suggeriscono delle forme di iniziazione, delle conoscenze passate e misteriose: il riferimenti và all’antica tradizione segreta egizia insita nel ventre di Napoli, che colloca la Basilica di San Domenico, con «Cappella Carafa» in uno dei vertici del “Triangolo Magico” insieme alla Cappella di Sansevero con «Il Cristo Velato» (del principe alchimista Sansevero Raimondo di Sangro) e la Statua del dio Nilo «Corpo di Napoli».
Un centro energetico, un piazza misteriosa e una serie di personaggi oscuri inseriti in una degna sceneggiatura da oscar.