Il legame tra la città di Napoli e la civiltà ebraica è particolarmente profondo e affonda le radici in millenni di storia. Le prime documentazioni certe dell’insediamento giudaico nel capoluogo campano, infatti, risalgono al I Secolo. La presenza della comunità ebrea in Campania è si tramanda attraverso i secoli, avendone avuto traccia in età ducale, normanno-sveva, angioina e vice-regnale. Ad oggi, comunque, conta circa un centinaio di appartenenti, dimostrandosi comunque abbastanza fervente. Nel corso della storia la comunità giudaica partenopea ha vissuto periodi molto altalenanti. In quest’articolo, ne racconteremo la storia a partire dalle origini.
Gli ultimi saluti a una leggenda chiamata Maradona
A dimostrare la prima presenza ebraica in Campania, alcuni graffiti e iscrizioni murali presenti a Pompei. Si tratta, come riportato dai testi storici, di una città decisamente importante per l’epoca, dato il suo ruolo di centro di scambi commerciali di matrice portuale e, oggi, di un tassello fondamentale per la costruzione di un mosaico dettagliato del patrimonio culturale campano. Una traccia importante della presenza ebraica in Campania, è testimoniata dai ritrovamenti nella zona flegrea e, in particolare di Pozzuoli e Bacoli di manufatti appartenenti alla comunità. Sebbene le civiltà ebraiche più fiorenti, avessero trovato spazio a Napoli e a Salerno, contando un totale rispettivo di 500 e 600 unità nel Medioevo, anche il casertano venne interessato in modo particolare dal passaggio semita.
Napoli ebraica nella storia
Nel V Secolo la comunità ebraica napoletana era molto consistente, come testimoniato da alcuni epigrafi rinvenuti durante i lavori di costruzione della Caserma Mameli e della tangenziale, ad oggi custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale. Nel 536, gli ebrei napoletani contribuirono ampiamente allo sforzo economico della città. Nonostante siano poche le testimonianze dell’epoca tardo-antica della Napoli Ebraica, le fonti rinvenute a partire dall’Alto Medioevo, delineano una condizione pressoché agiata della comunità partenopea.
Nel 1231 Federico II Di Svevia emanò le Costituzioni Melfitane, raccogliendo una serie di disposizioni che indicavano gli ebrei come servi nostrae camerae, in modo da sottrarli dalle pressioni dei signori locali e del clero. Così facendo, il Sovrano Illuminato estese un atteggiamento filosemita a tutto il Regno di Sicilia. Purtroppo, quando il regno di Federico declinò, la predicazione anti-ebraica dei predicatori domenicani, spinse gli ebrei al centro di una forte tempesta. Nel 1288, il Regno di Napoli decretò l’espulsione degli ebrei.
Le grandi espulsioni del ‘500
Le due grandi espulsioni degli ebrei da Napoli, ebbero luogo nel 1510 e nel 1541, a causa delle politiche inquisitorie dei re cristiani spagnoli. Nel marzo del 1492, un decreto reale impose ai giudei di lasciare la Spagna, all’epoca sotto Ferdinando d’Aragona, o di convertirsi al cristianesimo. Tutti coloro che avessero rinnegato i dettami della norma, avrebbero trovato la morte. Una simile scelta avrebbe portato a ripercussioni economiche disastrose, ma sta di fatto che furono davvero pochi gli ebrei espulsi e che, la stragrande maggioranza di quelli rimasti, avesse scelto la via della conversione.
Gran parte degli ebrei spagnoli emigrò a Napoli che, fino all’avvento di Ferdinando il cattolico, avvenuto nel 1503, parse ai più come una sorta di porto sicuro. A partire da quell’anno, comunque, il monarca istituì una pesante politica persecutoria riguardo i giudei rifugiatisi nella città partenopea. Le loro condizioni sarebbero peggiorate ulteriormente sotto il dominio di Carlo I di Borbone, a oltre duecento anni di distanza.
Napoli Ebraica in età contemporanea
Nel 1831, un gruppo di impavidi decise di stabilirsi presso l’Hotel Croce di Malta, in cui allestirono una sinagoga di fortuna in una delle stanze. Dieci anni dopo, nel 1841, i membri della famiglia Rothschild di Napoli comprarono Villa Pignatelli. Una delle sale della maestosa proprietà venne messa a disposizione della comunità ebraica locale, affinché potesse svolgere le proprie funzioni religiose. Nel 1864, la comunità si spostò presso un locale sito in via Cappella Vecchia e che divenne il loro centro di scambio e sviluppo ideologico. Nel 1867, la famiglia Rothschild vendette la Villa.
Il Novecento fu un periodo drammatico per la comunità ebraica di Napoli. Nel 1920, questa contava circa 1000 membri in totale. Nel settembre del 1942, avvenne il confinamento di trentasei giovani, nel piccolo comune di Tora e Piccilli. Nei mesi successivi la deportazione divenne incalzante. Intere famiglie venivano confinate. Mentre alcune avevano la fortuna di trovare rifugio e sfuggire ai bombardamenti, altre finivano abbandonate al loro destino. Alla fine della II Guerra Mondiale, la comunità ebraica partenopea si ridusse notevolmente, arrivando a contare soltanto 534 membri. Ad oggi, per quanto fortemente ristretta, la comunità ebraica gode di un buon equilibrio, pur essendo stata vittima, negli scorsi decenni, di alcuni sporadici casi di antisemitismo. La sinagoga di Napoli si trova a Via Cappella Vecchia, all’interno dell’antico palazzo Sessa. Fu il barone Rothschild a proporne la costruzione, ultimata nel 1864.