Napoli, una città di mare anche nelle espressioni più colorite (e piccanti)
"Chi tene 'o mare, cammina co' 'a vocca salata" diceva Pino Daniele. Leggendo questo articolo capirete quanto!
Anche seguendo lo stereotipo più classico, Napoli è la città del sole e del mare. Lasciamo perdere per un momento l’elemento sole (soprattutto per via del riscaldamento globale che ci dà molta preoccupazione) e concentriamoci sul mare.
Quale napoletano non si è concesso una lunga e rigenerante passeggiata lungo la meravigliosa Via Caracciolo?
Natale napoletano: 3 classici intramontabili da vedere durante le festeEbbene, il mare è senza ombra di dubbio un elemento identificativo della nostra città. Siamo gente di mare e senza mare siamo persi. Molti emigrati da Napoli che vivono in città senza affaccio sul mare si sentono quasi soffocati.
Il mare ha avuto tante influenze su di noi. La lingua non è da meno. E con la lingua… anche le espressioni più volgari e piccanti della parlata napoletana.
Probabilmente, il lettore avrà già capito dove si vuol andare a parare. Ma in questo viaggio, il redattore vi vuole portare lo stesso.
Qual è quell’animale che vive nell’acqua ma anche sulla terra?
C’è una parola, che in napoletano, indica l’organo genitale maschile e che ha delle vicinissime parentele con l’ecosistema acquatico. So che state sorridendo e avete capito.
La parola in questione è: Pesce. Dopo il preambolo, la parola – di per sé innocua – avrà sicuramente scaturito significati ulteriori rispetto a quello dei poveri animali che poco c’entrano. In realtà non del tutto.
Oltre ad indicare, con modesta volgarità, il pene, questa parola è ha tutto un groviglio semantico complesso e stratificato nel gergo napoletano, soprattutto più dialettale.
Prima di tutto, una vasta gamma di sotto-riferimenti macisti alle dimensioni del pene: un pene piccolo prenderà il nome di ciciniello, ossia i piccoli del pesce aterina (Atherina hepsetus), solitamente pescati in gran quantità e consumati fritti.
Un pene grande potrà essere definito come “‘nu palammeto accussì” per indicare la grandezza e la turgidità (solo paventata) del membro in erezione.
Nord e Sud al confronto
Al proposito, può risultare interessante individuare le differenze fra le locuzioni con lo stesso significato fra il Sud Italia ed il Nord Italia. Anche in questo caso le differenze sono notevoli ed hanno a che fare proprio con i diversi ecosistemi con cui la popolazione ha avuto a che fare.
Se a Napoli indichiamo il membro con la parola pesce, al Nord Italia sarà più semplice sentirlo apostrofare con un altro tipo di animale: uccello.
Addirittura, il mondo dell’aria ospita anche uno dei (miliardi di) nomi con cui è indicata la vagina femminile, ossia la passera. Insomma, una vera e propria voliera sessuale.
Noi no, da noi è molto difficile che si indichino con i volatili gli organi genitali. La vagina al massimo sarà, secondo il napoletano classico, anche della smorfia, “cella ca guarda ‘nterra” o, con decenza parlando, con il termine di derivazione greca “‘a pucchiacca“. Sì, perché questa parola nota a tutti i napoletani (e di conseguenza a tutto il mondo) deriva dalla parola Pyrkoilos, dove “Pyr” sta per fuoco e “Koilos” per faretra, fodero, ma anche valle. Dunque valle di fuoco.
E, ancora, ritorna il mare con alcuni vezzeggiativi come “‘a cuzzechella” o “‘a vunghulella“.
Altri utilizzi della parola pesce sono collegati al significato originale, ma spesso transumano nell’offesa perlopiù di natura intellettuale.
Exempli gratia: “Pare ‘nu pesce pigliato co’ ‘a botta” indicherà una persona non troppo sveglia, soprattutto riguardo all’espressione stralunata e confusa che porta in volto. Come è intuibile, deriva dal metodo di pesca (oggi illegale e in disuso) di pescare stordendo i pesci con un composto esplosivo. Ciò li deturpava e li faceva salire a galla con la bocca aperta. In più rimanevano spesso privi di spina dorsale. Da qui un doppio significato, non solo di persona poco furba, ma anche privo di carattere.