Gli italiani, proprio di cultura, sono persone che tendono al lamento.

Ci sono regioni, come la Toscana o il Veneto,  in cui la bestemmia entra di diritto nella punteggiatura. Napoli è una città dove si bestemmia poco, ma non una città dove mancano le imprecazioni e i mannaggia!

Il napoletano, non volendosi inimicare il favore di tutti i santi presenti in paradiso, deve escogitare modi nuovi per sfogare la sua frustrazione. Effettua un lavoro certosino di ricerca, di studio, per far deflagrare le emozioni negative senza che qualcuno di importante possa risentirsene. 

Abbiamo già parlato ampiamente della formula “Mannaggia ‘a culonna” che, se non avete letto, vi linkiamo qui. La sua storia è davvero interessante e raccoglie un pezzettino di storia della città.

Cionondimeno, non esiste mica solo quello.

Ecco una lista (rigorosamente, come sempre, non esaustiva) delle imprecazioni più fantasiose e di tutti i poveri capri espiatori che subiscono la collera dei partenopei, senza averne troppe colpe.

Mannaggià a Bubbà

Anche di questa imprecazione se n’è parlato in separata sede. Vi si consiglia di recuperare l’articolo. In ogni caso, per amore della cronaca e della sinteticità, si racconta che Bubbà fosse un imbroglione, un truffatore della Napoli ottocentesca, un uomo senza scrupoli.

Mannaggia ‘a capa ‘e zi’ Vecienzo

L’origine di questa espressione è meravigliosa. Cosa avrà fatto mai di male Zio Vincenzo? Proprio nulla. L’imprecazione deriva da una storpiatura dal latino di Caput since censu, ovvero il poverello, chi non ha nulla, privo di denaro e di risorse materiali, così povero da non essere neppure censito (since censu). Ma in napoletano Caput sine censu, diventa ‘a capa ‘e zio ‘Vecienzo.

Mannaggia ‘o suricillo e ‘a pezza ‘nfosa

L’improperio qui viene scagliato contro il povero topolino colpevole di voler entrare nell’abitazione e nel panno bagnato utilizzato proprio per impedirlo (e che evidentemente non ha svolto correttamente il suo compito). Secondo alcuni le due immagini rimandano invece agli organi genitali maschili e femminili. 

Mannaggia ‘o pataturco

Famosissimo strumento elusivo della bestemmia contro il Signore, facente riferimento al nome del padre fondatore della Repubblica Turca, Mustafa Kemal Ataturk e quindi Pat-Aturk.

Mannaggia ‘o buttone

Si racconta che un ecclesiasta avesse fatto stampare delle immagini sacre dietro i bottoni dell’abito talare. Al fine di eludere efficacemente il castigo divino, quello stesso prete avrebbe utilizzato questo linguaggio in codice criptando le due blasfemie. Quindi ‘o primo buttone, ‘o sicondo buttone, a seconda del povero santo preso ad oggetto. Nei momenti di particolare sconforto: “mannaggia a tutt’a buttunera!” non prendendo prigionieri.

Mannaggia a Jeppson

L’avrete sentita qualche volta. Ma chi era questo dannato Jeppson? Un calciatore svedese degli anni ’50 che sbagliava anche i gol più semplici.

Mannaggia a me quando so’ asciuto

Poetica, delicata e rispettosa, l’imprecazione di Pino Daniele:

Si putesse fà chello ca me vene
T’appicciasse ccà
Ma po’ nun vale ‘a pena
Si putesse fà…’a capa nun m’aiuta
I’ mo nun stevo ccà
Mannaggia a me e quando sò asciuto