Il “Codice da Vinci” di Nola. Il dipinto proibito a rischio degrado

Arte e Cultura
Articolo di , 25 Lug 2017
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Come nel Codice da Vinci, il dipinto dell’Ultima Cena custodito a Nola ha dell’incredibile: chiuso al pubblico insieme al Complesso Conventuale Monumentale di Sant’Angelo in Palco, è un gioiello dell’arte a rischio degrado.

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Nola. Da oltre quattro anni, il sito religioso del Complesso Conventuale Monumentale di Sant’Angelo in Palco è caduto nell’oblio; di proprietà dell’Ordine dei Frati Minori Francescani della Provincia di Napoli, è inserito nello scrigno d’arte dei capolavori nolani e tra le perle del Rinascimento italiano,vantando piccoli tesori del nostro patrimonio culturale, come opere pittoriche, cicli di affreschi, sculture preziose, opere lignee e arredi sacri.
La terra di Giordano Bruno accusa l’ennesimo colpo inferto all’arte, perendo nel fuoco della rabbia e nell’indifferenza.

 

La notizia della chiusura risalente a mesi scorsi, ha fatto il giro del mondo tra media e stampa, il ché ha inasprito gli animi dei nolani e di chi ha a cuore un gioiello di tale portata, come il Presidente dell’associazione europea Nola-Bordeaux Alfredo Mazza che ha scritto al Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, ai presidenti delle commissioni Beni Culturali della Camera e del Senato, al ministro generale dei Frati Minori Francescani, al sindaco Geremia Biancardi e al vescovo di Nola Francesco Marino, chiedendo in prima persona un’intervento diretto per salvare dall’oblio, dal degrado e dai continui crolli, il prezioso complesso conventuale considerato un gioiello del patrimonio campano che rischia di scomparire insieme alla sua ricca storia.

 

Un forte grido di allarme che ha acceso i riflettori sulla spinosa questione, sollecitando l’intervento immediato. Il malumore è condizionato principalmente sull’impossibilità di ammirare da vicino un tesoro dell’arte, ovvero il dipinto dell’Ultima Cena attribuito ad un artista ignoto del 1503, ma che nella sua intenzione rivela similitudini con il celebre Cenacolo di Leonardo Da Vinci del 1495-97 il cui soggetto ha tanto ispirato i maggiori artisti rinascimentali e che acceso la fervida fantasia di Dan Brown, autore del famoso best seller «Il Codice Da Vinci».
Secondo l’autore americano, l’affresco di Da Vinci svela delle conoscenze nascoste sulla vita di Gesù Cristo, del suo rapporto con Maria Maddalena e della sua discendenza sparsa fra i regnanti d’Europa da cui si evince la ricerca affascinante del Santo Graal.
Come può aver appreso Leonardo questa rivelazione? Non è mai stato un mistero la sua passione per i codici segreti, l’attribuire significati simbolici alle sue opere; ricavava piacere nel vedere i suoi contemporanei in difficoltà interpretative.

 

 

Strano ma vero: chi ha presente «L’Ultima Cena» di Da Vinci può afferrare il concetto. Anche nel dipinto presente in Sant’Angelo in Palco a Nola, mostra evidente un sottile codice segreto di ispirazione leonardiano con l’apostolo Giovanni dai lineamenti ambigui e femminili (come ad evidenziare l’identità segreta della Maddalena, la sposa di Cristo) situato accanto a Cristo; ma la cosa sconcertante è che questa figura, accostata col capo sulla spalla di Gesù, si presenta come nella celebre ricostruzione virtuale di sir Leigh Teabing mostrataci nel film «Il Codice Da Vinci» che mette in luce la valenza simbolica del Graal.

 

 

Una coincidenza sorprendente che ha anticipato molti secoli le mosse di Dan Brown. E’ probabile che lo scrittore conoscesse questo dipinto?
Un caso simile è il dipinto del 1500 custodito nella Chiesa di San Benedetto nella frazione di Celadra a Feltre presso Belluno.

 

Questa clamorosa opera proibita, ammirata da turisti, fedeli e appassionati studiosi, rischia di lacerarsi sotto i colpi di nuovi crolli che stanno interessando la struttura; i nolani sono preoccupati per questa chiusura forzata che da oltre quattro anni sta compromettendo gravemente il gioiello cinquecentesco e i suoi tesori.

 

Afferma Alfredo Mazza: «La nostra associazione ha più volte manifestato interesse per il rilancio del bene insieme all’ordine ma le risposte sono state non positive. Abbiamo proposto più volte il progetto innovativo ed internazionale di interscambio culturale e sociale attraverso anche il network francescano in Europa e nel mondo, affinché il convento potesse diventare un luogo di incontro, di crescita e di formazione per i giovani cittadini del terzo millennio, senza confini e senza barriere, in un mondo ormai digitalizzato e globalizzato e il nostro progetto sarebbe stato finalizzato alla conservazione e riqualificazione di Sant’Angelo, mediante altre attività finanziate da fondi pubblici e privati. Il nostro intervento sarebbe stato messo in atto con urgenza per il ripristino della sicurezza del bene, il recupero ambientale e paesaggistico del complesso, con occupazione e formazione al lavoro.»
[fonte. Il Mattino]

 

Nella lunga e intensa lettera di Alfredo Mazza si chiude un incontro urgente con Franceschini affinché si possa evitare il peggio e distruggere in un solo anno quello che è stato costruito e conservato per oltre 500 anni, ponendo il sito storico-artistico e religioso nel dimenticatoio e nell’indifferenza delle istituzioni. L’S.O.S. è davvero disperato.

 

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