La Sibilla Cumana

Leggenda e mito della sacerdotessa di Apollo che risiedeva nei pressi del Lago d'Averno

Arte e Cultura
Articolo di , 17 Apr 2009
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La città di Napoli è situata in posizione pressoché centrale sull’omonimo golfo, tra il Vesuvio e l’area vulcanica dei Campi Flegrei. Proprio nella parte più antica di quest’ultima si accede a Cuma, la prima colonia greca sulla terraferma in Italia. I suoi abitanti fondarono a loro volta alcune città sulla costa, tra cui Neapolis (470 a.C.).

Proprio a Cuma risiedeva una delle Sibille la quale svolgeva la sua attività oracolare nei pressi del Lago d’Averno, in una caverna conosciuta come “l’antro della Sibilla” ove la sacerdotessa, ispirata dalla divinità, trascriveva i suoi responsi su foglie di palma le quali, alla fine della predizione, erano mischiate dai venti provenienti dalle cento aperture dell’antro, rendendo i responsi “sibillini” e di difficile interpretazione. La sua importanza era, nel mondo italico, pari a quella del celebre oracolo di Apollo di Delfi in Grecia. La Sibilla risiedeva in una galleria rettilinea dalla forma trapezoidale, che ha perso l’ingresso originario.

Il principe di Sansevero tra realtà e magia

Il lato esterno ha 6 grandi fenditure, grazie alle quali entra luce nella galleria. Nel lato orientale si apre una seconda galleria costituita da tre ambienti rettangolari collocati a forma di croce, costituenti altrettante cisterne. Queste sono rifornite da un canale nel quale, si dice, la Sibilla si lavasse e, dopo aver indossato una lunga veste, si recasse nella stanza più interna dell’antro: qui si trovava un trono sul quale si sedeva e dava i responsi.

Si dice che chi entrasse nell’antro della Sibilla e ci fosse rimasto un anno esatto, avrebbe potuto venire a conoscenza di tutti i suoi segreti, ma chi vi fosse rimasto anche un solo giorno di più non ne sarebbe mai più uscito fino al giorno del giudizio. Alla sua figura è anche legata una leggenda: «Apollo innamorato di lei le offrì qualsiasi cosa purchè ella diventasse la sua sacerdotessa, ed essa gli chiese l’immortalità. Ma si dimenticò di chiedere la giovinezza e, quindi, invecchiò sempre più finchè, addirittura, il corpo divenne piccolo e consumato come quello di una cicala. Così decisero di metterla in una gabbietta nel tempio di Apollo, finché il corpo non scomparve e rimase solo la voce. Apollo comunque le diede una possibilità: se lei fosse diventata completamente sua, egli le avrebbe dato la giovinezza. Però ella, per non rinunciare alla sua castità , decise di rifiutare».

La fama della Sibilla e del suo antro è legata a Virgilio, che ne parla nel VI libro dell’Eneide. Enea si reca a Cuma dalla Sibilla, che gli rivela il suo futuro di capostipite della gloriosa civiltà  romana.

Per concludere direi che vale la pena recarsi dalla Sibilla per sapere se la nostra amata Napoli tornerà ai fasti di un tempo, forse nemmeno lei saprebbe darci una risposta!!

Nell’antichità greca e latina le Sibille erano vergini, giovani ma spesso pensate come decrepite, che svolgevano attività mantica in uno stato di trance. L’origine dell’appellativo è avvolto nel mistero né si sa con esattezza quante e quali fossero le Sibille.

articolo di Ciro Arno

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