“La grandezza e la maestosità di Napoli“.
I Gladiatori: mostra in anteprima social sui canali del MANN
Questa una delle tante, splendide risposte con cui i nostri lettori hanno raccontato il loro personale significato di Vesuvio, ossia cosa rappresenta per loro, e come lo percepiscono.
Come promesso sul nostro canale Instagram, abbiamo reputato opportuno e doveroso condividere alcuni contributi in tal senso dei lettori di Grandenapoli, e provare insieme a scoprire cosa rappresenta il Vesuvio per un napoletano.
Un punto di riferimento imprescindibile
Un elemento connaturato al paesaggio naturale. Una sagoma identificatoria di Napoli, fonte di ispirazione per musicisti, poeti, pittori.
Il Vesuvio è un vulcano celebre in tutto il globo, per il suo caratteristico profilo adagiantesi sul caratteristico golfo partenopeo, ma anche per il ruolo rivestito nella storia. Una storia di lungo corso, tramandata da Plinio il Vecchio. Artefice della fine delle città storiche di Pompei ed Ercolano.
Un elemento della natura, un simbolo di potenza ed irruenza. Ma anche custode silenzioso dell’avvicendarsi di chi vive alla sua ombra. Ed indubbiamente elemento talmente caratteristico del paesaggio da assurgere esso stesso a simbolo esaustivo di Napoli e della sua storia: “Sentirsi a casa ogni volta che lo si guarda“.
I napoletani crescono con quest’immagine che funge da sfondo. Immagine che diviene così abituale, pur nella sua oggettiva straordinarietà, da divenire il punto di riferimento per antonomasia, un pilastro del contesto imprescindibile, segno distintivo di Partenope e, come un altro dei nostri lettori ha raccontato, “Un riferimento. Come un faro durante la notte per una nave.”
Diversamente dalla cugina Catania, dove il vulcano Etna manifesta la sua presenza, il Vesuvio è silente da tantissimo tempo. Ed è un contrasto assolutamente originale, quell’ossimoro che nasce dal suo essere oggettivamente pericoloso ed il senso di protezione, appartenenza… che evoca nel percepito dei cittadini di Napoli: “Una presenza che inquieta e rassicura, come un presagio“.
Un segno inconfondibile. Certo.
Talmente, al punto da divenire il simbolo di “casa”, elemento di rassicurazione del viaggiatore che rientrando nella sua terra natia lo vede in lontananza come una presenza di assoluto ed inequivocabile distintività, lì a confermare che sì, si è davvero a casa: “Lo vedi da lontano e pensi “sono a casa“.
La leggenda in letteratura
La scrittrice e giornalista Matilde Serao ha appositamente dedicato un suo scritto nell’opera “Leggende napoletane”, teso ad omaggiare Napoli. Ed è proprio uno di questi racconti, “La leggenda dell’amore“, a divenire celebre per la personificazione dei luoghi più noti della città in struggenti storie d’amore.
E tra queste, la tragica novella dei due amanti divisi dalla rivalità intercorrente tra le loro rispettive famiglie d’appartenenza. Si tratta del cavaliere iracondo Vesuvio e della fanciulla pia di nome Capri:
“Vi si parla di un nobile signore, appartenente ad uno dei primi seggi della città, e che s’innamorò perdutamente di una fanciulla di casa nemica; era il cavaliere di carattere violento, di temperamento focoso, pronto al risentimento ed all’ira. Pure, per ottenere la donna che amava, sarebbe diventato umile come un poverello cui manca il pane.
Ma l’amore dei due giovani, anziché diminuire e lenire le collere di parte, valse a rinfocolarle… fu deciso imbarcare la fanciulla sopra una feluca e mandarla in estranea contrada. Ma essa che si sentiva strappar l’anima, allontanandosi dal suo bene, come fu fuori del porto, inginocchiatasi e pronunciata una breve preghiera, si slanciò nell’onde, donde uscì isola azzurra e verdeggiante.
Ma non si chetava l’amore nel cuore del nobile Vesuvio, quale era il nome del cavaliere e la collera gli bolliva in corpo: quando seppe della nuova crudele, cominciò a gittar caldi sospiri e lagrime di fuoco, segno della interna passione che lo agitava; e tanto si gonfiò che divenne un monte nelle cui viscere arde un fuoco eterno d’amore. Così egli è dirimpetto alla sua bella Capri e non può raggiungerla e freme d’amore e lampeggia e s’incorona di fumo e il fuoco trabocca in lava corruscante…”.
L’etimologia del nome
Ma da dove deriva il nome Vesuvio?
In genere tutti i vulcani vengono nominati con termini che significano fuoco: l’Etna deriva, ad esempio, dall’indoeuropeo “idh” che significa “ardere”. Secondo quanto raccolto e studiato da Astrid Filangieri, anche Vesuvio deriverebbe da “fuoco”, quale derivazione dalla radice “vasu“, “fuoco”, per l’appunto.
Differente la posizione di Landino e Mascinelli, due studiosi che associano il nome alla parole latina “vescia”, che significava scintilla o favilla.
Qualunque sia l’etimologia di questo nome così famoso nel mondo, la prima fonte in cui si rinviene la parola “Vesevo” è il 2° libro delle Georgiche di Virgilio. Ed il medesimo termine sarà poi ripreso ne “La Ginestra” di Leopardi.
E infine Vesbio sarebbe l’origine per alcuni studiosi, il condottiero dei Pelasgi, un popolo marino che governava il nostro territorio molto prima dei Greci.
Infine, teorie più creative lo collegano a termini come “Maeulus” (“Beffardo”), e “Maevius” (“Mordace”).
Ad ogni modo, storia, leggende e miti del Vesuvio hanno sempre incantato il mondo intero. Specialmente per coloro che sono napoletani, essere a conoscenza della sequenza degli eventi, conoscere quanto accaduto in concomitanza delle diverse eruzioni che nel corso dei secoli si sono susseguite per poi scoprire ed acquisire nuovi elementi… è un po’ come risalire all’albero genealogico della propria famiglia, nutrendo quel singolare rapporto uomo-vulcano che non solo è unico al mondo, ma che un po’ ogni napoletano ha sempre vissuto sulla propria pelle, pur non sapendolo o non avendolo mai e razionalmente oggettivizzato.
Qualsivoglia origine abbia il nome Vesuvio, questo vulcano ed il suo nome sono parte indelebile ed imprescindibile del DNA di Napoli.
E di coloro che vi sono nati.
Riferimento, elemento distintivo, prodigio della natura ed elemento ondivago tra pericolo e senso di protezione, è codice identitario di Partenope, un vessillo che accomuna tutti i napoletani e dona loro quell’elemento magnifico della natura che li unisce.