Ristorante QB: Torre del Greco ha un’altra declinazione gastronomica territoriale

Pierpaolo Cuccurullo, chef ed owner del ristorante Quanto Basta, dimostra sagacia e tecnica, lavorando piatti esclusivamente di carne.

Napoli in tasca
Articolo di , 19 Mag 2025
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Il nome, un manifesto programmatico, teso a voler mettere un punto sulla propria impostazione gestionale: QB, acronimo di Quanto Basta, ovverosia la definizione di una ricerca identitaria per sottrazione, volta a ricercare l’essenza del gusto, senza artifizi né stratificazioni eccessive.

Certo, il curriculum dell’owner ed executive chef Pierpaolo Cuccurullo dice tanto della sua filosofia creativa, in continuo divenire, sotto la stella polare di una devozione totale alla materia prima: nativo della località costiera, con studi successivi all’Alma – la scuola di cucina fondata da Gualtiero Marchesi – e successive esperienze di prestigio, come quella all’enoteca di Canale di Davide Palluda, sino ad arrivare all’avocazione di un locale in prima persona, in Massa Carrara.

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Ca va sans dire, sui trascorsi toscani pesa una drastica palingenesi, senza mai rinnegare alcunché, se contiamo che trattavasi esclusivamente di un lavoro di ricerca su piatti di pescato fresco locale: il ritorno ai luoghi aviti in costiera ha segnato il passo nelle sue scelte, insieme a motivazioni familiari, tra cui la recente paternità.

L’informale e cosmopolita locale si trova in una delle strade proprio a ridosso del porto di Torre del Greco, ispirato ad una cifra architettonica post-moderna e “industrial”, che tanto dice sulla cultura del re-impiego e della conversione: accogliente anche il dehor esterno, con la linea dell’orizzonte delimitata dal perimetro del mare, ed una cantina decorativa di grande impatto, più di cinquanta referenze, ivi includendo bolle italiane e francesi.

Dicevamo, un lavoro di instancabile ricerca sull’elemento primigenio carne, che mutua anche da altre tradizioni gastronomiche regionali – brasati, il bollito con il “bagnet verd” piemontese, non disdegnando il quinto quarto come la trippa – ma anche da tecniche moderne, come la cottura a bassa temperatura, aprendosi ad influenze finanche asiatiche ed internazionali.

Le portate del menu degustazione

Gli assaggi della serata, partendo dagli appetizer, senza timori riverenziali ma con un chiaro senso della progressione: iniziamo dalla “guancia di maialino da latte brasata con fagiolini nostrani e salsa di soia e whiskie” – sagace la demolizione data dalla cottura, l’affumicatura della salsa ben contrasta le noti dolci – proseguendo con la “pancia di maiale cbt con salsa thai, insalatina di rucola selvatica”, in pairing un eccellente Nebbiolo delle Langhe D.O.C. 2022 Marghe dell’azienda Damilano.

Si continua con il piatto antologico “bollito di cappello del prete con lattuga grigliata e bagnet verd piemontese” – a mio avviso un “signature dish” del locale – nessun cedimento anche sul primo “gnocchi home-made con crema di peperoni, crumble di salsiccia, riduzione di provola affumicata”, giocato con intelligenza sull’equilibrio e contrasto delle consistenze.

E’ il momento della “costina di agnello impanata e fritta con insalata di ciliegie e Porto”, proposto in abbinamento enologico un delizioso Brunello di Montalcino D.O.C.G. 2018 dell’azienda Mastrojanni, che ben sorregge le note aromatiche e evolute della preparazione.

Concludiamo con il dessert – plumcake agli agrumi, gelato alla vaniglia e insalatina di arance e limoni – della pasticceria Torrese La Delizia, di proprietà della moglie dello chef: doveroso evidenziare il lavoro “sinergico” sui dolci, in cui le preparazioni del contiguo laboratorio di alta pasticceria vengono “rifinite” dallo chef con estro creativo, in pairing il Cognac aromatizzato alle pere di Francois Peyrot.

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