Il banco lotto a Napoli

Tradizioni e Curiosità
Articolo di , 30 Apr 2009
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Come ben si sa, Napoli è una città esoterica, ricca di superstizioni, magia e numeri.
Proprio per tutto questo, ha un forte legame con il gioco del lotto che si diffuse tardi rispetto ad altre città, solo nel 1682 e nonostante questo, Napoli è considerata la capitale del banco lotto.

Ogni occasione è buona per giocare due numeri, appena succede qualcosa di curioso e non, si sente sistematicamente qualcuno che dice: “facimm e nummr” e tutti corrono a giocare.

Le tradizioni della Madonna dell'Arco

Cenni storici

Sulla genesi del lotto in Italia non ci sono elementi certi e molti sono i “progenitori” di questo gioco. Nel 1448 si ha notizia a Milano delle cosiddette “borse di ventura” che in sostanza possono ritenersi un primo abbozzo delle scommesse caratterizzanti il vero lotto. Di certo l’abitudine a scommettere si diffuse largamente in ogni angolo del Paese ed ogni avvenimento pubblico diede vita a grande attività di gioco, tanto che a Genova nel 1588 uno Statuto lo proibiva totalmente decretando che non si poteva far gioco sulla vita del Pontefice, dell’imperatore, dei re, dei cardinali, sulla riuscita degli eserciti, sull’esito delle guerre, sui matrimoni, sulle elezioni dei magistrati o dei dogi e addirittura sulla peste. Le prime notizie certe intorno al gioco del Lotto vengono fatte risalire al 1620: da quell’anno in poi, proprio a Genova, il lotto trova una precisa regolamentazione; del resto, nella città ligure un gioco simile al moderno lotto e basato sui numeri era già nato proprio in relazione alle scommesse che si facevano sull’elezione dei senatori della città. Negli altri Stati italiani e nello Stato Pontificio, invece, il gioco del lotto era osteggiato per motivazioni di ordine morale.

Nel 1728 il Papa Benedetto XIII arrivò addirittura a minacciare la scomunica per chiunque vi avesse partecipato, ma tre anni dopo il gioco fu riammesso dal suo successore Clemente XII e nel 1785 Pio VI ne decise la destinazione a favore delle opere pie. A Venezia il gioco del lotto compare per la prima volta – a quanto si sa – nel 1734 e si svolge sotto l’egida del Governo della Repubblica. Nel resto d’Italia, la liceità  del gioco del lotto viene ammessa gradualmente e trova via via una regolamentazione ufficiale: considerati i notevoli introiti derivanti dalle giocate, le Autorità pubbliche pongono il gioco sotto il proprio monopolio.

Nel 1863 ormai il gioco del lotto è diffuso in tutta l’Italia e da quell’anno viene giocato su 6 differenti ruote (Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia) che arriveranno a 7 nel 1871, dopo l’annessione di Roma all’Italia e a 8 nel 1874 con l’introduzione della ruota di Bari. La struttura a 10 ruote viene inaugurata l’8 luglio 1939 con l’introduzione delle ruote di Cagliari e Genova. L’introduzione della ruota nazionale risale al 4 maggio 2005.

Cultura, Leggende e Fatalismo”

In campo letterario il gioco del lotto è stato aspramente condannato da molti scrittori per lo più di origine partenopea, specie dalla scrittrice e giornalista Matilde Serao (1856-1927), nata in Grecia ma di origini napoletane da parte di padre. Da grande osservatrice della cultura partenopea la Serao nel suo capolavoro Il paese di cuccagna (1891) esamina tutti i mali morali, sociali, economici e psicologici che il gioco del lotto ha apportato presso la società napoletana. Esso più che arricchire un povero uomo in beni materiali finisce col fargli perdere tutto ciò che possiede, poiché egli sfidando la propria sorte e sperando di essere sostenuto dalla Dea Bendata per una eventuale vincita punta tutti i suoi beni in assurde scommesse. La scrittrice dunque riprende il discorso già affrontato in una sua precedente opera Il ventre di Napoli (1884), dove dedica ben due capitoli al gioco del lotto e rivela che: “Il lotto è il largo sogno, che consola la fantasia napoletana: è l’idea fissa di quei cervelli infuocati; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa; è la vasta allucinazione che si prende le anime. [“¦] Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l’acquavite, non muore di delirium tremens; esso si corrompe e muore pel lotto. Il lotto è l’acquavite di Napoli.”
Il gioco del lotto di conseguenza va inteso come la “fabbrica dei sogni” per il popolo partenopeo e non, in momenti di difficoltà economica si ricorre spesso a questo gioco con la speranza che una bella vincita possa far cambiare in meglio la vita del giocatore. Diventa dunque un po’ il gioco del “paese dei balocchi”; il gioco associato alla speranza di una grossa vincita che permette di sognare e fantasticare l’impossibile” Specie ai tempi tristi e magri delle due Grandi Guerre mondiale, gli italiani all’epoca speravano maggiormente di arricchirsi coi numeri al lotto per poter così sfuggire da una cruda e meschina realtà, ricca di violenza e di dolore.

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Fonte dell’articolo wikipedia.it e portanapoli.com

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