I Borbone, nei loro anni di governo a Napoli, ebbero sempre un grande occhio di riguardo per le problematiche del territorio e tentarono con varie opere urbanistiche e architettoniche di notevole innovazione di arginare i fenomeni naturali che mettevano in difficoltà le zone del napoletano.
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Uno di questi fenomeni era costituito dalle alluvioni, le piene dei torrenti e altre calamità che si abbattevano sui contadini e i loro possedimenti. Così i sovrani, sempre sensibili, a questo tipo di problematiche, promossero la costruzione delle cosiddette “briglie” che vennero edificate alle pendici del Vesuvio e del Monte Somma.
Quando si pensa al complesso montuoso del Vesuvio, il pericolo che per primo viene considerato è quello delle possibili eruzioni vulcaniche. Ma in realtà trattandosi di montagne, i pericoli che corrono le zone limitrofe sono molteplici, tra questi quelle che la gente di un tempo chiamava “lave”: frane di fango e rocce che scendevano giù impetuose, veloci e temibili quanto fiumi di vera lava.
Non erano solo le alluvioni a generare morte, ma la massiccia presenza di zone paludose che sottraeva terreni alla coltivazione impoveriva le popolazioni locali e le decimava per via della malaria. A seguito dell’impaludamento, inoltre, vaste aree erano state disboscate perché venissero destinate all’agricoltura, indebolendo così i fianchi e le pendici dei monti e neutralizzando la naturale difesa dai monti stessi opposta alle “lave”.
Il sistema delle briglie fu ideato dall’ingegnere Carlo Afan de Rivera, direttore generale del Corpo di Ponti e Strade, Acque, Foreste e Caccia del Regno delle Due Sicilie, nel 1855. Il progetto consisteva in un grandioso sistema di bonifica, manutenzione e rimboschimento del territorio tra Napoli e Somma-Vesuvio risolvendo il problema con le Briglie. Alte più di quindici metri e larghe venti, le briglie erano possenti mura di pietra lavica capaci di correggere la pendenza dei torrenti e allo stesso tempo trattenevano il materiale portato giù dalla potenza delle acque, mentre si provvedeva al rimboschimento e alla bonifica delle paludi.
Le campagne caratterizzate da maggiore pendenza furono difese da argini contenitori che ostacolavano la discesa dei detriti e il letto dei torrenti venne protetto da catene e briglie di fondo per evitare che si corrodessero e le loro sponde si sgretolassero. Inoltre venne istituita la figura del “Sorvegliante idraulico”: una sorta di guardiano del Vesuvio che faceva il giro di tutti i sentieri, aveva specifiche mansioni di controllo e manutenzione delle opere idrauliche e comminava multe ai contadini che non rispettavano le regole.
Con l’Unità d’Italia, il fascismo e l’inurbamento aggressivo della zona, l’imponente e funzionale sistema delle briglie borboniche cadde in disuso. La lungimirante opera architettonica rimane comunque uno dei molteplici esempi della sensibilità dei sovrani borbonici dinanzi alle calamità naturali del napoletano e della serie di migliorie che promuovevano per la popolazione del Regno.
L’articolo ha delle imprecisioni, tra le quali quelle fossero state lasciate a sé stesse in periodo post unitario. Ciò non è vero poiché non solo furono manutenute allo stesso scopo ma ne furono costruite altre e lo si può notare frequentando il Vesuvio e notando la diversa tipllogia di costruzione. Nel 1906 dopo la disastrosa eruzione del Vesuvio, il genio militare del Regno d’Italia costrui nuove strutture per arginare le colate di fango che avevano interessato il versante occidentale del Vulcano il maggio dello stesso anno. Inoltre vi furono altre opere negli anni ’20 e negli anni ’80 del ‘900 (by Ciro Teodonno)
Grazie per le interessanti informazioni che pubblicate. Sono napoletana ma vivo a Roma< da molti anni. Ogni tanto torno per vedere le tante importanti opere e istituzioni.
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