I modi di dire napoletani usati nella serie La vita bugiarda degli adulti

"La vita bugiarda degli adulti" fa grande uso del napoletano e, con esso, di modi di dire, espressioni e termini coloriti. Scopriamoli insieme!

Tradizioni e Curiosità
Articolo di , 04 Gen 2023
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Fonte: Facebook Netflix

Mercoledì 4 gennaio è arrivata su Netflix una nuova serie originale della piattaforma. Si tratta de La vita bugiarda degli adulti, un titolo italiano molto noto al pubblico letterario. La serie è infatti l’adattamento audiovisivo dell’omonimo romanzo di Elena Ferrante, la scrittrice dal volto misterioso nota in tutto il mondo per la saga de L’amica geniale.

I sei episodi che compongono la prima stagione, la quale copre tutti i capitoli del libro edito da Edizioni e/o, si focalizzano sulla città di Napoli, dividendola in due parti: la Napoli di sopra, rappresentata dal Vomero, ricca ed erudita, e la Napoli di sotto, inquadrata come il Pascone, gretta e colorita.

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Napoli di sopra e Napoli di sotto rappresentano due facce della stessa medaglia, diverse, opposte, ma parti di una sola, inscindibile, unità. La rappresentazione di entrambe avviene tramite un linguaggio che va dall’italiano al napoletano più stretto, che fa uso di modi di dire, di espressioni, di parole e di frasi assolutamente peculiari, affascinanti e divertenti.

La lingua napoletana ne La vita bugiarda degli adulti

Dal primo all’ultimo episodio de La vita bugiarda degli adulti, si fa un uso abbondante non soltanto del napoletano, ma anche di tutte le frasi e le parole in codice che compongono il linguaggio quotidiano dei napoletani.

Eccole elencate di seguito:

  • Glielo faccio uscire dalle orecchie.

Tale frase viene utilizzata quando una persona si comporta male. Chi la pronuncia, perciò, vuole farle uscire dalle orecchie quel comportamento sbagliato. Sebbene sottenda e anticipi quasi un comportamento fisico violento, solitamente vuole indirizzare verso la retta via.

  • ‘A faccia storta.

La faccia “storta” è un viso con espressioni accentuate. Tale volto, di norma, rappresenta una mancata concordia nei confronti dell’interlocutore, con il quale non si è sulla stessa lunghezza d’onda.

  • Strunz’ arraugliat ‘a fronna.

Come è facile comprendere, questa espressione non promette complimenti nei confronti della persona alla quale è rivolta. Il primo termine è di facile associazione, gli altri servono a rafforzare un concetto già abbastanza esplicito.

  • Chi bello vo’ parè, male adda’ patè.

Chi bello vuole apparire, male deve patire. Una semplice versione napoletana del detto anche italiano Chi bello vuole apparire un po’ deve soffrire.

  • A neve dint ‘a sacca.

Questo modo di dire significa letteralmente la neve nella tasca. Il significato però si allontana da ciò. Lo si utilizza quando si vuole sottolineare la fretta in una situazione. Chi ha la neve nella tasca vuole scappare da un luogo, fisico o figurato, in velocità, prima appunto che la neve – figurata – che ha in tasca si sciolga.

  • Mannaggia ‘a miseria.

Questa imprecazione, che si allontana dalla blasfemia, è rivolta in maniera generica alla povertà. Resta comunque una frase catartica che mira allo sfogo immediato.

  • Càntaro.
Il càntaro è un grosso vaso alto, utilizzato in passato a mo’ di WC. Dare del cantaro a qualcuno equivale perciò all’offenderlo in maniera spicciola.
  • State pace.

Stare pace significa non soltanto letteralmente ciò che le parole indicano, ma sottolinea anche e principalmente essere in una situazione di parità.

  • Omm ‘e miezz ‘a via.

L’omm ‘e miezz ‘a via è l’uomo di strada, per cui pronunciare tali parole nei confronti di qualcuno equivale a dargli del malvivente.

  • Scemo ‘e guerra.

A Napoli, e in realtà anche in buona parte dell’Italia, dare dello scemo di guerra è chiaramente un’offesa indirizzata a qualcuno che si ritiene si comporti come se avesse problemi di varia natura, che riguardano comunque la sfera cerebrale.

  • Muccusiello.

Moccioso, lo si usa per sottolineare la mancanza di maturità.

  • Alluccare.

Alluccare, in napoletano, significa urlare. Al contempo, anche sgridare.

  • Jamm bell.

Jamm bell è un intercalare quasi intraducibile, ormai, però, noto a livello nazionale.

  • Siscariello.

Il siscariello è, banalmente, il fischietto.

  • ‘O gallo ngopp’ ‘a munnezz.

Il gallo sulla spazzatura, letteralmente. Tale frase viene utilizzata per riferirsi a qualcuno che resta impettito indipendentemente dalle circostanze, e che, inoltre, si dà delle arie.

  • Puricchiuso.

Il puricchiuso è un pidocchioso, un individuo che è tutt’altro che di maniche larghe e altruista.

  • Sparagno.

Lo sparagno è il risparmio.

  • Vatt’.

Vatt, vattere, in napoletano equivale al picchiare, al finire alle mani.

  • Se sbattono.

Quando qualcuno si sbatte, si dà delle arie.

  • Sciammeria.

Tra i modi più volgari per definire un rapporto sessuale.

  • Quando si va a casa d’ ‘a gente se bussa cu ‘e pier.

La traduzione è: quando si va a casa della gente si bussa coi piedi. Il significato, invece, è: quando si va a far visita a qualcuno, bisogna portare in dono qualcosa, avendo perciò le mani occupate ed essendo impossibilitati a bussare con queste ultime.

  • Fina fina.

Modo di dire per far comprendere che una persona è molto scaltra, intelligente.

  • Uallera a plissé.

Fare la uallera a plissé significa annoiare, stancare. La uallera è infatti l’ernia, in napoletano, che scenderebbe per motivi di noia, riempimento di scatole. Il plissé è semplicemente la lavorazione accurata che accresce ancor più il certosino lavoro.

  • Azzeccuso.

Azzeccuso è un aggettivo che sta per appiccicoso e vuol significare che la persona a cui è riferito è fin troppo fisica e/o insistente.

  • Te l’hanno miso a pitoffio.

Il pitoffio è un modo goliardico e scherzoso per riferirsi al sedere. La traduzione diviene, a questo punto, abbastanza semplice.

  • Fate schifo al cesso.

Fare schifo finanche all’arredamento meno pulito della casa, adibito a finalità non propriamente piacevoli, è un modo abbastanza chiaro per esprimersi.

  • Spusta’ cu a vocca.

Spostare con la bocca, arrivare a dire cose poco piacevoli, deragliando da un elegante linguaggio.

  • Mi sto facendo negare.

Negarsi, non concedere la propria presenza a qualcuno.

  • Mariuolo.

Il mariuolo è il ladro, in napoletano.

  • Devi fare capa e cesso.

Devi sbattere contro il WC, devi farti male, in questo caso, per crescere.

  • Pezzienti sagliuti.

Pezzenti risaliti, persone nate povere, di soldi e d’animo, che hanno cambiato posizione nella scala sociale, salendo, ma che sono comunque pezzenti d’animo.

  • Andare in freva.

Andare in febbre, letteralmente. Surriscaldarsi, agitarsi, nel pratico.

  • Prendere collera.

Prendersi collera significa dispiacersi, incollerirsi.

  • Battilocchio.

Il battilocchio è tante cose, a Napoli. Prima tra queste, la pizza fritta. Nel caso della serie, il battilocchio è il membro maschile.

  • Pesce a brodo.

Un pesce cotto in brodo, qualcosa di poco conto, poco scaltro.

  • Femmena ‘e conseguenza.

Una femmina di conseguenza è una donna capace di gestire le situazioni appieno.

  • Scuorno.

Lo scuorno è la vergogna.

  • ‘Nzevato.

Si usa tale termine per riferirsi a qualcuno o a qualcosa di unto, di profondamente sporco.

Fatti comprare da chi non ti conosce, chi ti conosce non ti comprerebbe perché sa di che pasta sei fatto.

  • Lo tieni fatto.

Tenere fatto qualcuno, in napoletano, significa averlo in pugno.

  • Mucia sorda.

Micia sorda, molto simile a gatta morta.

  • A scema p’ nun ij a’ guerra.

La scema per non andare in guerra: comportarsi in maniera fintamente ingenua per evitare conseguenze spiacevoli.

  • Fare il buco in testa.

Fare il buco in testa significa pensare così tanto a una cosa da consumarsi il cranio.

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