Villa Ebe: il Castello dimenticato tra incuria e degrado

Arte e Cultura
Articolo di , 03 Lug 2017
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Sono anni che i cittadini, le associazioni e i singoli privati, chiedono risposte definitive sulla valorizzazione di uno dei gioielli del nostro patrimonio culturale: Villa Ebe, il “Castello di Pizzofalcone” la preziosa dimora storica concepita dal genio dell’architetto napoletano Lamont Young e che ancora oggi, versa in un profondo stato di degrado ed è lasciata all’incuria dal Comune di Napoli, di cui ne è proprietario.
Recente è l’appello lanciato da Luigi Rispoli, ex Presidente del Consiglio Provinciale di Napoli e Presidente dei Volontari di Napoli che denuncia lo stato di abbandono e di indifferenza in cui versa Villa Ebe, occupata da due abusivi che deturpano il decoro e la memoria di uno dei maggiori palazzi storici di Napoli. Una vera vergogna a cui si unisce la frustrazione e l’indignazione, sollevata da Rispoli nei confronti dell’amministrazione comunale, incapace di gestire tale scempio.

Il sogno di Young e il futuro di Villa Ebe

Nella fantasia eclettica di Young e nella sua concezione architettonica, la dimora evidenza il profilo di un vero Castello Neogotico come pochi esistenti a Napoli, posizionato strategicamente sul versante occidentale del Monte Echia a Pizzofalcone davanti al mare, aspira a conquistare ogni singolo passante che ne ammira la sua bellezza sia dal golfo che dalla collina di Posillipo, divenendone quasi oggetto di culto. Un Castello dagli echi sinistri come si evince dalla sua triste storia, affascinante e struggente al tempo stesso.

L’architetto Lamont Young nacque a Napoli nel 1851 da Giacomo Enrico Young, un possidente scozzese trasferito dall’India a Napoli per lavoro e da Elisabetta Swinhoe, nata a Calcutta.
L’interesse per l’architettura e per le bellezze paesaggistiche non tardarono ad arrivare e forgiarono il carattere eclettico del giovane Young.
L’edificazione di Villa Ebe si ebbe nel 1922 e prevedeva due scompartimenti distinti: il primo concepito come dimora personale di Young, luogo in cui morirà suicida nel 1929, mentre il secondo ambiente fungeva da residenza della famiglia Astarita; quest’ultimo fu distrutto durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale e ciò che resta visibile è solo una porzione della villa.
Dopo la morte di Young, Villa Ebe fu abitata da sua moglie Ebe Cazzani fino al 1979  anche in seguito al tragico evento, senza mai lasciare incustodita la dimora e i suoi formidabili enigmi.
Del suo autore sono celebri altre costruzioni come il Parco Grifeo con il Castello Aselmeyer, alcune dimore del Parco Marcherita a Piazza Amedeo, e la sede dell’Istituto Grenoble. Nei suoi piani rientravano anche dei nuovi progetti per la linea metropolitana e la costruzione di un rione che doveva sorgere fra il Borgo Santa Lucia e l’area flegrea, idealizzando una serie di canali e una galleria scavata nel ventre della collina di Posillipo che da Fuorigrotta avrebbe condotto sino a Bagnoli, luogo ipotizzato per il rilancio balneare del Mezzogiorno a livello Europeo. Un sogno degli anni Venti del Novecento.

Dal 1997 Villa Ebe divenne proprietà del Comune di Napoli che provò a donarla alla cittadinanza attraverso varie operazioni e che ora è del tutto abbandonata a sé stessa, abitata da una coppia di abusivi che fra le mura della villa hanno trovato un alloggio di fortuna.

 

La celebre villa, il magnifico castello che troneggia sulla collina di Posillipo, rischia di diventare soltanto un ricordo del passato il ché offende l’arte, la cultura e la memoria di Young, senza trascurare lo sdegno dei napoletani che avrebbero piacere che Villa Ebe tornasse ai suoi fasti e alle sue recenti glorie.

 

A smuovere le acque qualche anno fa per la sua valorizzazione, vi fu l’artista Pasquale del Monaco che battendosi per la giusta causa, ottenne dal Comune il vincolo culturale per la villa, proponendo una serie di interventi di restauro, al fine di ostacolare l’abbattimento del castello, per la costruzione di un nuovo parcheggio urbano.
A tre giorni dell’avvio dei lavori, un incendio doloso mandò in fumo il progetto e bruciò tutti gli interni della preziosa villa. Una vera sconfitta.
Anche a seguito del progetto presentato dall’UNESCO intento a far della storica villa la «Casa del Turista» puntando sulla valorizzazione del sito e sul rilancio turistico, non riuscì a modificare la sua condizione e il suo stato che ormai si avviava alla deriva.
Fra i numerosi progetti presentati, c’era la possibilità che la storica dimora fosse trasformata in un grande museo interattivo, polo d’attrazione per mostre ed eventi e sede dell’architettura Liberty napoletana. Molti furono i fondi ottenuti dall’U.E. (sprecati) atti a rigenerare le sorti di Villa Ebe, ma senza un progetto valente, si spense anche l’ultima ambizione.
Qual è il futuro di Villa Ebe? Quale destino l’attende? Sono le risposte che in tanti aspettano.

Gli enigmi di Villa Ebe e i suoi simboli

Per il suo aspetto Neogotico e pseudo rinascimentale, Villa Ebe acquistò fama di essere un luogo di eventi sinistri, su cui pesa l’esistenza spezzata del suo autore, l’architetto Young, morto suicida nella sua dimora e dove la leggenda narra del suo spettro malinconico (a volte la suggestione inganna: quei bagliori e quelle sagome scure sono probabilmente da attribuire ai residenti abusivi della villa) deluso dalla vita.
Strano, proprio lui che ha dato a Napoli le più belle ville, i maestosi edifici, l’ingegno del suo estro, abbia pensato di porre fine alla sua esistenza, recando con sé un giallo che gravita attorno alla villa.

 

Il particolare che cattura l’attenzione è l’ingresso principale che immette nella villa; facendovi spazio tra la fitta vegetazione incolta si intravede il portone corroso dal tempo ma ben saldo nelle sue fondamenta, su cui svetta un’enigmatica iscrizione: «Lamont Young, Napoli 1851-1929, Utopista, Inventore, Ingegnere, di una Napoli Moderna».

 

I simboli inseriti in una lastra di metallo in stile decò, ornano la scritta: notiamo il sole e la luna cullati dal cielo e dal mare, con i raggi cosmici che abbracciano sinuosamente l‘iscrizione, mentre salvi e predominanti sono i colori originali, l’oro e il blu oltremare che contrastano con l’aspetto decadente del portone e creano suggestioni mistiche. In alto una piccola stella a otto punte sembra assistere a tale prodigio mentre un’altra a lato veglia.
In chiave esoterica la lettura risulta molto semplice: il sole rappresenta l’astro vitale del giorno, il divino, la saggezza, l’intelletto, la ragione che illumina le menti oscure; è il polo maschile, il dio Mitra.
La luna, a sua volta, simboleggia l’astro della notte, il mistero, l’inconscio, i sogni, la psiche e la Madre che regole le attività della vita; è il polo femminile, la dea Iside o Partenope.
La stella è legata alla fortuna, all’avvento di una nuova era, all’amore, alle giovani speranze, al destino ineluttabile.

 

L’acqua è l’elemento puro dove entrambi gli astri si specchiano e che inequivocabilmente è associato alla città di Napoli, lambita dal mare. L’acqua come simbolo di purezza, utilizzato negli antichi rituali partenopei come fonte purificatrice dell’anima, spesso citata nei culti greco-romani, come nei rituali in onore di Priapo-Partenope e quelli di San Giovanni a Mare.

 

L’unione dei tre elementi sole-luna-acqua sembrano evocare le tre caratteristiche predominanti dell’architetto: Utopista, Inventore e Ingegnere come suggerisce l’iscrizione. Accostando gli stessi elementi simbolici alla Massoneria (è facile intuire il legame tra Massoneria e Architettura) si potrebbe azzardare un rapporto latente tra Young e la Massoneria, così come l’idea progettuale della villa che mantiene il disegno di una torre quadrata con i contrafforti ottagonali in pietra lavica e con l’apertura di tre finestre ad arco poste su tre lati della torre, evocano nell’immaginario di chi mastica l’occulto, i tratti tipici di un’architettura massonica.

 

Verificando altre analogie corrispondenti fra simboli e numeri in chiave esoterica, azzardando un’ipotesi suggestiva, possiamo notare le quattro lame dei Tarocchi che potrebbero incarnare il progetto di Young:
– Arcano della Torre XVI carta (Villa Ebe)
-Arcano della Stella XVII carta (simbolo sull’iscrizione)
-Arcano della Luna XVIII carta (simbolo sull’iscrizione)
-Arcano del Sole XIX carta (simbolo sull’iscrizione)
La somma delle quattro lame, corrisponde al numero 70 (22 sono gli Arcani Maggiori) e la lama di sintesi risulta corrispondente al VII arcano: il Carro, il principio costruttore dell’Universo, la vittoria, il talento, la maestria di un bravo cocchiere che sa dirigere la propria volontà e sa condurla a destinazione: Young, l’iniziato, l’idealista, il Grande Architetto.
E’ soltanto un’ipotesi azzardata frutto di accostamenti simbolici, non ne siamo certi e tanto meno possiamo confermarla. Ma la coincidenza è davvero interessante.

 

Inoltra basti pensare che Villa Ebe sorge sul Monte Echia a Pizzofalcone, l’antico cratere napoletano su cui è nata Palepolis-Partenope, ricca di una grande storia magica-esoterica fra culti sacri e profani, provenienti dall’oriente e dalle sponde del Mediterraneo.
Quale messaggio voleva dare Young in Villa Ebe? L’enigma irrisolto.

 

Per ora è tutto da scoprire o meglio ancora è tutto da rifare. Ma ciò che urge capire attualmente è il futuro di questo splendido monumento; bisogna agire prima che l’incuria del tempo e di chi l’ha in custodia, porti via quel poco di buono che è rimasto in piedi, perché questa vicenda a lungo andare, offusca, offende, ignora la memoria di un grande architetto che ha fatto grande Napoli: Lamount Young e del suo tesoro, Villa Ebe.

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