Villa d’Elboeuf: la bellezza decadente della prima villa del Miglio d’Oro

Un affaccio sul mare ed uno sul Vesuvio per quest'incantevole edificio

Arte e Cultura
Articolo di , 29 Dic 2020
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Il territorio che si sviluppa ad est di Napoli, quello che noi definiamo vesuviano, ha subito nel corso dei secoli grandi trasformazioni. Il Vesuvio, il Re incontrastato dell’area, con l’eruzione del 79 d.C., cristallizzò le città romane alle sue pendici per anni sotto fango e lava, facendo sì che giungessero a noi preziosi reperti storici. Ma il sovrano incontrastato, il Vesuvio, non diede tregua alla popolazione: nel 1631 con un’eruzione devastante, costrinse ancora una volta i vesuviani a rimboccarsi le maniche, abbandonare i luoghi del cuore e ricostruirsi i propri spazi.

L’evoluzione urbanistica 

Tra il XV ed il XVI secolo le nuove ville assunsero ancora alcune caratteristiche delle precedenti, abbracciando, però, uno stile nuovo, affermatosi appieno nel XVIII secolo, ad opera di Carlo di Borbone; il sovrano diede, infatti, il via ad un’incredibile evoluzione urbanistica che interessò l’area alle pendici del Vesuvio, a partire dalla costruzione della propria residenza estiva, il Palazzo Reale di Portici. Ma come nacque l’idea di stanziarsi lì?

Le basiliche paleocristiane di Cimitile

Il Duca d’Elboeuf ed il palazzo

Nel 1738 Carlo di Borbone fu ospitato da un certo Duca di Cannalonga, nel suo palazzo, un incantevole edificio di due piani, con un affaccio sull’imponente Vesuvio da un lato, e due terrazze sul mare, dall’altro: Villa d’Elboeuf. Difficile non innamorarsene. La villa fu la prima in assoluto, in ordine cronologico, ad essere edificata tra le 122 ville vesuviane del Miglio d’Oro. Fu fatta costruire nel 1711 da Maurizio Emanuele di Lorenza, Duca d’Elboeuf, su disegno di Ferdinando Sanfelice. Di pianta rettangolare, la villa presentava sulla facciata principale che dava sul mare, due imponenti portali a cui si accedeva attraverso una maestosa scala ellittica con balaustra in marmo e piperno.

I primi scavi alla scoperta di Ercolano

Intorno al 1720, il Duca scelse di adornare maggiormente la sua residenza, prevedendo la piantagione di numerose piante esotiche in giardino; anche gli interni, a suo parere, meritavano maggiore attenzione: desiderando adornare di marmi le stanze, si dice che il Duca comprò alcuni pezzi rari e pregiatissimi da un contadino del luogo, che li rinvenne sorprendentemente, scavando in un pozzo. Incuriosito dai misteriosi ritrovamenti, il Duca d’Elboeuf decise di acquistare il terreno non distante dalla sua Villa e commissionò dei veri e propri scavi. I risultati non tardarono ad arrivare: marmi preziosi, statue di scultura greca e colonne di alabastro furono alcuni degli incredibili ritrovamenti. Il governo, accortosi delle ricchezze rinvenute, ordinò la cessazione di quelli che furono ufficialmente i primi veri scavi alla scoperta di Ercolano.

I lavori del re Carlo di Borbone

Nel 1742, senza dubbio affascinato dal posto, dalla veduta suggestiva e dalle potenziali ricchezze, Carlo di Borbone, la maestosa villa, decise di acquistarla dal Duca di Cannalonga (colui che la acquisì dal Duca d’Elboeuf), trasformandola in depandance della Reggia. Carlo di Borbone decise di portare avanti quegli scavi intrapresi anni prima dal Duca d’Elboeuf, commissionandone la prosecuzione, portando alla luce la storia di Ercolano, seppellita dalla lava della devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

L’inesorabile declino

Durante il regno di Ferdinando IV, la villa d’Elboeuf subì diverse modifiche neoclassiche e vide la costruzione, fortemente voluta da Carolina Bonaparte, dei bagni della Regina. Fu uno dei primi esempi di complesso balneare, a forma di ferro di cavallo con numerosi locali adibiti a spogliatoi.

Dopo l’Unità d’Italia, in seguito all’espropriazione dei beni borbonici, Villa d’Elboeuf conobbe un lento ed inesorabile declino. Fu acquistata dalla famiglia Bruno e successivamente abbandonata ad una triste decadenza. Oggi l’imponente scalinata non ha alcuna balaustra in marmo, l’antica struttura portante in legno è crollata, gli interni sono tristemente lasciati alle intemperie e abbandonati al triste destino di dimora per senzatetto. Eppure, con un po’ di immaginazione, il porto, i bagni della Regina ed il mare, sembrano ancora incorniciare la maestosità di un tempo.

Fonte foto: fondoambiente.it

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