‘Nzallanuto: storia e significato della curiosa parola napoletana
Un'espressione napoletana ironica e maliziosa, che affonda le radici in una storia antichissima. Scopriamo insieme "'nzallanuto".
Di appannaggio quotidiano, “‘nzallanuto” è uno sfottò comunissimo a Napoli che, sebbene possa sembrare dispregiativo, racchiude, invece, il desiderio tutto partenopeo di ironizzare su tutto e tutti, alla ricerca di sorrisi vivaci e anche un po’ maliziosi. È ‘nzallanuto chi non ha coordinazione, cammina distrattamente o ondeggia nei vicoli più angusti. Gli ‘nzallanuti sono sbadati di natura o per circostanza e, talvolta, riflettono la loro attitudine anche sul lavoro o in contesti in cui un minimo d’attenzione in più sarebbe auspicabile; quasi meritandosi quest’appellativo da parte dei loro interlocutori.
Chiunque, a seconda delle circostanze, è stato ed è a tutt’oggi un po’nzallanuto; magari perché aveva la testa da un’altra parte o proprio non riusciva a destreggiarsi in una determinata mansione, ma qual è la storia del noto termine partenopeo?
Il dolce scomparso: il franfelliccoLa storia di “‘nzallanuto”
Anche chi è confuso d’amore è ‘nzallanuto, così come chi riceve troppe informazioni tutte in una volta. Il curioso termine napoletano affonda le radici in una storia deliziosa ed incredibilmente antica; specie pensando a quanto, di fatto, il termine ritorni frequente nelle conversazioni intrattenute dalle persone all’ombra del Vesuvio. L’espressione deriva dalla napoletanizzazione di “inselenito”, un aggettivo derivante da un mito dell’antica Grecia.
Per gli elleni, infatti, la Luna era abitata e governata da una dea dalla bellezza ipnotica, il cui nome, era Selene.
Chi aveva la testa tra le nuvole veniva, quindi, definito “inselenito”, ossia sulla Luna, ammaliato da Selene. Ne deriva il nostro adorato sfottò, ma anche, per certi versi, l’epiteto italiano “stralunato”, seppur con accezione più riduttiva. Ad avvalorare questa tesi, la credenza comune che, nei tempi antichi, il lume della ragione finisse sulla Luna quando veniva perso; come testimoniato dall’Ariosto nel suo Orlando Furioso, dove Astolfo, il migliore amico dell’eroe smarrito nella follia, vola fin sul satellite per recuperare il senno del guerriero.