In napoletano non esiste ti amo: esiste solo “te voglio bene”
Il napoletano è mancante della terminologia "Ti amo" nel senso comune del termine. Ma perché?
Se siete napoletani e nella vostra vita vi è capitato di amare qualcuno (in questa sede vi consigliamo caldamente di farlo se fino ad ora vi è mancata l’occasione: è una delle cose più belle, anche se più dolorose, al mondo), nel tradurre il vostro sentimento all’amata o all’amato, vi sarà capitato di dover tradurre in parole (napoletane) ciò che in italiano si esprime con “Ti amo”. Come lo avete fatto, se non con “Te voglio bene“?
Perché sì, se amate, noi vi consigliamo di amare alla napoletana.
E il napoletano come esprime il suo sentimento? Con i baci, con le carezze, con l’affetto, con i gesti, ma anche con le parole.
Ma di certo, non dirà “T’amm“. Vengono quasi i brividi a sentirlo, no?
E cosa dirà? E perché?
Come sempre, nell’esegesi della lingua, andiamo ad interloquire e ad interrogare gli autori più celebri che hanno utilizzato il napoletano in maniera tale da rimanere impressi nella memoria collettiva artistica per l’eternità.
Te voglio bene assai
Io te voglio bene assaie
E tu, tu nun pienze a me Io te voglio bene assaie E tu nun pienze a meQuesto estratto di una canzone celebre risalente all’Ottocento, di origine ignota, attribuita al poeta Raffaele Sacco, già cantata dalle massaie napoletane intorno al 1839, esprime con forza secolare la potenza di questo termine. Nella canzone è presente il verbo amare, in napoletano, nella prima strofa:
Traspare una differenza semantica e di colore fra i due termini. L’amore come elemento caratterizzante della vita di due persone che hanno trascorso della vita assieme. Ma il bene, quello che regala all’animo umano una sensazione di tepore calmo e sconosciuto a chi non la ha mai provato, quello è un’altra cosa. Supera anche il non essere corrisposto, è uno status a sé stante, che non può trovare altre esplicazioni terminologiche.
Caruso
Te voglio bene assaje
Ma tanto tanto bene sai È una catena ormai Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene saiLeggendario omaggio del cantautore bolognese alla città di Napoli, di cui era profondamente e genuinamente innamorato. E l’amore del cantautore si esplica, ancora una volta nelle parole Te voglio bene assaje. Anche in questo brano, quello che traspare una gigantesca tenerezza, anni luce distante da “Ti amo“. Non è il “Ti voglio bene ” detto ad un amico, è qualcosa di mistico, profondo, dal respiro ampio. Quel “tanto” nel secondo verso del ritornello è il canto di un bambino che, nella sua gioia pura, dichiara tutto il suo amore senza paura di giudizio, di rifiuto.
Reginella
T’aggio vuluto bene a te
Tu m’è vuluto bene a me Mo nun ‘nce amammo cchiù Ma ‘e vvote tu Distrattamente pienze a meNell’indimenticabile brano di Roberto Murolo, la locuzione si colora di tristezza malinconica e dolce. Il bene, qui, è l’amore che è svanito, che ha lasciato alle sue spalle un legame forte fra due persone, che ancora pensano le une alle altre. Ma quel sentimento genuino è andato via e lascia spazio alla nostalgia, alla malinconia, ai tempi che furono.
In questo senso, questa canzone si pone quasi in contrapposizione con la costruzione della prima in questa sede analizzata. Il bene di una volta e l’amore che ora non c’è più. E tanta, tanta tristezza, di due amanti che ora si sono separati.
In conclusione, i poeti e gli artisti hanno saputo trasmettere meglio di chiunque altro come nella città di Partenope si esprime l’amore.
Io voglio il tuo bene, voglio che tu stia bene. Anche a costo di escludere la mia presenza nella tua vita. Il fatto che io ti voglia bene esclude un mio interesse soggettivo e personale.
Te voglio bene, ma se tu me ne vuoi a me, allora sono davvero felice.