Campi Flegrei, scoperta un’eruzione colossale: magnitudo 7.6, tra le più potenti della storia
Un evento di 109mila anni fa potrebbe riscrivere la storia del supervulcano flegreo.
Una delle eruzioni più imponenti della storia dei Campi Flegrei è stata appena identificata da un team di ricercatori italiani. L’evento, avvenuto 109mila anni fa e denominato “Eruzione di Maddaloni”, ha raggiunto una magnitudo di 7.6, poco inferiore alla celebre Ignimbrite Campana, la più grande eruzione dell’area mediterranea.
A rivelarlo è uno studio congiunto dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IGAG), della Sapienza Università di Roma, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Communications Earth and Environment di Nature.
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I Campi Flegrei sono uno dei sistemi vulcanici più attivi e studiati al mondo, ma la loro storia eruttiva è ben documentata solo per gli ultimi 40.000 anni. Le eruzioni più antiche, infatti, sono difficili da ricostruire perché sepolte sotto strati di materiali vulcanici più recenti. Tuttavia, grazie a un approccio innovativo, i ricercatori sono riusciti a identificare tracce della colossale eruzione di Maddaloni analizzando depositi di cenere vulcanica rinvenuti in aree remote, dall’Italia centrale fino alla Grecia.
Secondo Gianluca Sottili e Giada Fernandez, della Sapienza Università di Roma, “ricostruire la storia eruttiva di un vulcano è essenziale per comprendere la sua pericolosità. Le ceneri depositate a grande distanza ci permettono di risalire a eventi che altrimenti sarebbero invisibili”.
Un’indagine scientifica tra geologia e modelli matematici
Gli studiosi hanno analizzato micro-frammenti di pomice contenuti nei depositi di cenere lontani dal vulcano, applicando avanzate tecniche di datazione e analisi chimica. Questo ha permesso di determinare la sorgente dell’eruzione e di stimarne le dimensioni.
Antonio Costa, dell’INGV, ha spiegato: “Utilizzando modelli di dispersione delle ceneri vulcaniche, siamo riusciti a stimare parametri fondamentali dell’evento, come il volume del magma eruttato e l’altezza della colonna eruttiva”. I dati hanno rivelato che la magnitudo dell’eruzione fu di 7.6, rendendola il secondo evento più distruttivo nella storia dei Campi Flegrei.
Un nuovo tassello nella storia dei Campi Flegrei
La scoperta ha implicazioni importanti per la comprensione della caldera flegrea, la vasta depressione formatasi in seguito alle grandi eruzioni del passato. Jacopo Natale, dell’Università di Bari, ha sottolineato che “il fatto che il sistema vulcanico abbia prodotto più eventi di grande magnitudo indica che la sua struttura è probabilmente più complessa di quanto ipotizzato finora”.
La ricerca suggerisce che gli eventi eruttivi di grandi dimensioni potrebbero essere stati più frequenti di quanto si pensasse. Per un’area densamente popolata come quella flegrea, comprendere a fondo il comportamento del vulcano è cruciale per migliorare la valutazione del rischio e la prevenzione.