La lingua napoletana è davvero vasta e diversificata. Accoglie infatti, al suo interno, l’intera storia della città partenopea, a partire dalle dominazioni fino ad arrivare agli sposalizi. Sono ivi racchiuse tutte le caratteristiche tipiche della zona, dalla cultura, al costume, al colore che la scalda. Ogni elemento campano confluisce all’interno dell’enorme contenitore la cui etichetta ha su scritto “lingua campana”.

I vocaboli attraverso i quali si mostra al mondo tale lessico sono l’esteriorizzazione di ogni frangente di vita della città, rappresentandola appieno.
Per questo motivo, spesso, tali lemmi risultano intraducibili o comunque di difficile comprensione per chi non ha battuto le strade di Napoli, per chi non è cresciuto tra un quartiere e l’altro della terra partenopea. Ciò avviene perché molti termini napoletani differiscono in maniera notevole se comparati ai rispettivi italiani. Ed è perciò necessario, per comprenderli, avere una conoscenza approfondita della città.

Tra questi è da annoverare uno molto particolare: arruscato.

Arruscato

Il vocabolo napoletano arruscato vede i suoi natali risalire a molto, molto tempo addietro.

Pare, infatti, che l’etimologia della parola sia da ritrovare addirittura nella lingua madre: il latino. Arruscato deriverebbe per l’appunto dal verbo latino brusicare. Tale verbo ha il significato di abbrustolire. Per questo motivo, è molto plausibile la stretta correlazione tra i due. Arruscato equivale infatti ad abbrustolito. Ciò che è arruscato è infatti qualcosa che si avvicina al bruciato, ma che non effettua lo step successivo per esserlo. È arruscato ciò che è molto cotto e croccante.