Il contratto che il popolo di Napoli stipulò con San Gennaro

Non tutti sanno che non è solo la fede e la devozione che lega i napoletani a San Gennaro ma un contratto.

Tradizioni e Curiosità
Articolo di , 25 Gen 2023
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Verba volant, scripta manent”. Già in questo articolo vi abbiamo riportato le analogie dei proverbi latini coi detti napoletani. E anche qui ribadiamo che “E ‘cchiacchiere s’e ‘pporta ‘o viento, ‘e maccarune regnono ‘a panza.” Il popolo napoletano è un popolo poeta ma anche pragmatico e concreto. E il suo rapporto di fede e devozione con il Santo Patrono della città di Napoli San Gennaro, non tutti lo sanno, è consolidato addirittura da un contratto scritto, perfezionato secondo tutte le forme di legge.

San Gennaro e Napoli, un po’ di storia

I primi vent’anni del XVI secolo d.C. furono anni tremendi per il popolo napoletano. Non mancarono guerre, pestilenze, epidemie (vi ricordano qualcosa queste cose?), eruzioni, terremoti, nubifragi. Ultima, ma non ultima, la peste che decimò la popolazione.

Napoli, una città di mare anche nelle espressioni più colorite (e piccanti)

Si sa, fin troppo spesso, Napoli si è sentita sola e abbandonata dalle istituzioni. I napoletani hanno sentito che dovevano fare da soli, o meglio, necessitavano di un interlocutore fidato. Quale interlocutore e protezione migliore di quella celeste?

Da qui, nacque la decisione di fare a San Gennaro un voto pubblico al fine di ricevere la protezione necessaria per un periodo storico così difficile. Ma, per l’appunto, le parole non bastano mica. I devoti facevano voti, preghiere, donavano beni al santo patrono e non si assicuravano neanche una garanzia?

Il 13 Gennaio 1527 fu sottoscritto un contratto con tanto di atto notarile fra il popolo napoletano – rappresentato da una Deputazione appositamente costituita – e San Gennaro, nella persona delle sue reliquie. Il contratto, in qualità di rapporto sinallagmatico, prevedeva la liberazione della città dalla peste e dalle altre calamità che affliggevano Napoli. In cambio, i cittadini promettevano la costruzione di una magnifica Cappella senza precedenti.

Il contratto ha fondamenta giuridiche valide

Qualche ingenuo potrebbe chiedere: ma come avrebbe fatto il martire, a sottoscrivere il contratto, se era passato a miglior vita oltre 1.000 anni prima? Molto semplice.

I giuristi lettori sapranno che la forma scritta non è sempre obbligatoria per il perfezionamento di un accordo giuridico. La manifestazione della volontà può avvenire sia in forma esplicita che in forma implicita, ossia perseguendo la volontà dell’accordo. E quale migliore modo per accettare l’accordo, se non passare, dunque, finalmente all’azione e adempiere direttamente all’obbligazione pattuita?

Da un punto di vista legislativo prettamente tecnico, potrebbe considerarsi ciò che viene chiamato contratto per adesione: la qualifica di contratto per adesione è applicabile a tutti quei rapporti destinati a regolare una serie indefinita di rapporti e predisposti unilateralmente da un contraente.

Fatto sta che San Gennaro non si dimostrò inadempiente e liberò Napoli dalla peste, dalla guerra e dalla carestia. In perfetto rapporto di sinallagmaticità, anche i cittadini furono di parola e, da bravi contraenti, costruirono la Cappella di San Gennaro al Duomo di Napoli, uno scrigno di bellezza unico al mondo.

Data la premessa, considerato l’andazzo del 2020 fino ad ora, non potrebbe essere una cattiva idea una proroga del contratto. San Gennaro potrebbe desiderare un aumento delle condizioni salariali. Fatto sta che probabilmente rimettere mani ad un contratto del genere potrebbe dare un sollievo gradito al popolo napoletano (e a tutti coloro i quali desiderassero far parte del progetto di rinnovo contrattuale col Santo Patrono), dati gli anni bui che tutti noi abbiamo dovuto affrontare.

Mala tempora currunt“. O forse anche “L‘acqua è poca e ‘a papera non galleggia

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