I segreti alle Due Porte all’Arenella

Un antico percorso presente sulla mappa del duca di Noja e sulla pianta Arenella 1870

Arte e Cultura
Articolo di , 23 Nov 2023
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Foto Sergio Noviello

Quali segreti cela le Due Porte all’Arenella? Una Cappella Templare, sarcofagi gotici emblematici e i presunti resti della misteriosa Accademia dei Segreti di Giambattista Della Porta.

Cosa c’entrano i Templari, San Gennaro e Giambattista Della Porta, legati al nome di una chiesa in via alle Due Porte all’Arenella? Facciamo un passo alla volta.

Il vero volto di San Gennaro: tra leggenda e miracolo

La Chiesa o per meglio dire Cappella di Santa Maria Porta Coeli e di San Gennaro, sita al vico Molo alle Due Porte all’Arenella, se pur piccola per dimensione, è da considerarsi un vero gioiello storico-artistico e archeologico di Napoli; ma c’è di più: si ipotizza che fra i sotterranei della chiesa si celerebbero i presunti resti della misteriosa e perduta Accademia dei Segreti, fondata nel XVI secolo da Giambattista Della Porta, celebre scienziato, letterato e alchimista, che qua vi abitava.
Inoltre tra gli antichi sotterranei della chiesa, ben visibili, sono custoditi misteriosi sarcofagi in stile gotico, appartenenti alla Cappella sepolcrale dei Di Costanzo e quasi del tutto dimenticati.

Dal 1°Novembre 2016, la Cappella di Santa Maria Porta Coeli e di San Gennaro è stata ufficialmente consegnata in comodato d’uso per attività di Solidarietà e Volontariato, dalla Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, ai fratelli dei Poveri Cavalieri di Cristo i Templari Jacques De Molay che si sono impegnati a ripristinarla e aprirla al culto religioso dopo oltre 30 anni dalla sua chiusura, poiché caduta in un forte stato di abbandono.
Oggi il luogo sacro chiede di essere vissuto dalla comunità e da semplici cultori e appassionati studiosi. Fra i suoi tesori si annovera una tela di Pacecco De Rosa «San Gennaro intercede presso la Vergine per la salvezza di Napoli» in memoria del miracoloso prodigio del Santo Patrono che arrestò l’eruzione del Vesuvio del 1631.

L’origine del borgo e della Chiesa

La chiesa fu fondata nel 1664 dalla nobildonna Isabella di Costanzo, come suggerisce la lapide ben leggibile posta sulla facciata; erede di Cinzia Della Porta, figlia di Giambattista Della Porta. Dalla sua biografia si apprende che Isabella aveva sposato il nobiluomo Alfonso Di Costanzo, rampollo di una delle famiglie originaria di Pozzuoli e tra le più prestigiose del Regno di Napoli.

Donna Isabella amava trascorrere lunghi periodi con la sua famiglia in collina (al Vomero) in quest’area dell’Arenella che dal 1400, si presentava come un minuscolo borgo di campagna eletto dai napoletani come luogo di ristoro e di tranquillità, detto Borgo delle Due Porte, poiché qui vi furono innalzate due porte, ovvero due piccoli archi di cui si tramanda l’antico appellativo.
La porta di sinistra conduceva nel «Vico delle Fate» ovvero le «fate» furono chiamate le belle lavandaie che popolavano il borgo e apprezzate per le loro forme avvenenti e generose che mandavano in estasi gli uomini mentre lavavano i panni. Oggi quest’arco è chiamato «Arco di San Domenico».

La porta di destra, viceversa, portava in Via Molo perché affacciava sul versante del mare e conduceva giù, di cui conserva intatto il nome «molo».
Proprio in quest’area, Isabella aveva notato che gli abitanti del borgo per poter sentir messa, si recavano con gran fatica giù Capodimonte o alla Sanità, non avendo un luogo di culto più vicino. Per adempire a tale esigente logistiche e spirituali, la nobildonna decise di erigere una Cappella che in seguito diventerà anche il luogo di sepoltura della famiglia Costanzo, come si nota dalla Cappella sepolcrale.

Con la crescita urbanistica della città, il piccolo borgo iniziò ad espandersi incrementando chiese e luoghi di culto, fin quando anche l’ultimo erede dei Di Costanzo, il duca Francesco Maria, patrizio napoletano e Deputato al Seggio di Portanova morto nel 1760 (intuendo che non vi era più necessità della cappella) donò la chiesetta alla Deputazione del Tesoro di San Gennaro, che ne fu reggente fino al 2016 e consegnata attualmente ai fratelli Cavalieri Templari di Jacques De Molay per attività di Solidarietà e di Volontariato a scopo divulgativo e religioso, addossandosene gli oneri, il restauro e la messa in sicurezza del sito.
Dopo circa 30 anni a seguito del terremoto dell’Irpinia che ne chiuse le porte definitivamente, possiamo ammirare in tutta la sua bellezza la Cappella di Santa Maria Porta Coeli e di San Gennaro.

I segreti alle Due Porte all’Arenella: i tre sarcofagi e la grotta

L’origine della chiesetta, propriamente Cappella è del 1664 ma tra i suoi sotterranei rivelano sorprendenti novità; dall’ingresso si può notare sul pavimento a scacchiera, la lastra di vetro che mostra dal basso, la tomba sepolcrale settecentesca del duca Francesco Maria Di Costanzo mentre una lapide del secolo scorso rinnova la sua memoria.
Fin qui nulla di eclatante, se non fosse per un particolare: la collocazione di tre sepolture ovvero, tre sarcofagi gentilizi gotici appartenente ai De Costanzo e più antichi della cappella stessa.

Le iscrizioni latine e ben leggibili con lo scudo gentilizio di un leone che sovrasta tre paia di costole, non lasciano dubbi che appartengano alla nobile famiglia. Cosa ci fanno tre sarcofagi gotici? Ma soprattutto, chi sono?
Una lapide latina con caratteri romani posta al centro della Cappella prova a chiarire l’enigma: trattasi di tre sepolture, quella di Ludovico e Luigi Di Costanzo vescovi di Pozzuoli e del milite Giovannello fratello di Ludovico, tutti e tre deceduti fra Trecento e Quattrocento, traslati per ordine della famiglia di Costanzo da Pozzuoli all’Arenella.
Ma gli studi e gli approfondimenti sui tre sarcofagi continuano perché potrebbero rivelare altre storie di origine medioevale, come la presenza di una lapide ignota.

La notizia sensazionale che ha smosso l’interesse nei confronti del luogo è quella cui si ipotizza il ritrovamento dei resti della perduta Accademia dei Segreti fondata da Giambattista Della Porta, compiuta da un’equipe di speleologi che sono riusciti a trovare la grotta; la sede sorgeva proprio in quest’area in Salita Due Porte all’Arenella, dove vi era la villa estiva di Della Porta e del tutta scomparsa o inglobata da altri edifici circostanti.
L’Accademia dei Segreti non era altro che una piccola istituzione a scopo scientifico culturale fondata nel 1560 la cui attività principale, si basava sulla dimostrazione di una nuova scoperta scientifica ignota all’umanità, nell’ambito delle scienze naturali.
L’Accademia fu chiusa nel 1580 per ordine di papa Gregorio XIII passando prima per l’Inquisizione, poiché sospettata di occuparsi di occultismo. A seguito dell’abiura di Della Porta, considerato mago-alchimista anche i suoi «segreti» furono dissotterrati.

Attualmente è stata rinvenuta una grotta (seminterrati e da portare alla luce) che mostra chiari riferimenti alla presunta Accademia dei Segreti; una sorta di struttura iniziatica con alcuni simboli magici-esoterici impressi sulle pareti, decori ornamentali e cunicoli che fanno presagire un sottil segreto.

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9 risposte a “I segreti alle Due Porte all’Arenella”

  1. Lella Napolitano ha detto:

    Mi chiamo Lella Napolitano e sono nata, nel 1949, alla Salita Due Porte all’Arenella, n. 25, all’epoca facente parte del quartiere “Vomero”. Questa salita, erta a più non posso, era fatta da scale da giù fino alla piazzetta, dove si dipartivano i Due Archi di San Gennaro e di San Domenico.L’ ultimo tratto di salita,era carrabile,vi si affacciava, nella prima curva la Chiesetta rionale, e conduceva sulla “Strada Nuova”, cioè via Domenico Fontana.
    Ah! Le scale!
    Non ci sono più da cinquant’anni, e più, e non c’è più nemmeno il mio bel palazzo panoramico, con i suoi tre piani ed il bel giardino ad agrumeto dove, in fondo, vi abitava la famiglia “do Bello”. In un appartamento al secondo piano, tra un affaccio sul Vesuvio; un altro sulla piazzetta con la sua bella fontana pubblica che gettava continuamente acqua in strada, con la cantina di “Giarrone” dove si andava a comprare il vino e con la bottega di “Celeste à putecara” dove si faceva la spesa minuta; e con l’altro affaccio, su Capodimonte e la Sua Reggia, sono nata io da mia madre Assuntina, con l’aiuto della levatrice Adriana, di cui porto il terzo nome.
    Agli albori del 1960, una mattina, il serio e distinto signor Cecere: Amministratore ed Esattore del “Padrone di Casa”, nel venire puntualmente ad esigere il Canone mensile, comunicò a mia madre che dovevamo lasciare la casa, così come tutti gli altri inquilini, perché a seguito della vendita dell’intero palazzo, questo sarebbe stato abbattuto e poi ricostruito….. al suo posto, infatti, c’è una costruzione in cemento armato divisa in più fabbricati …..potenza della speculazione di quegli anni…..
    Ogni inquilino, dell’epoca, con il suo rammarico di lasciare il posto amato ed il suo bagaglio di ricordi, prese una propria ed indipendente strada…..
    Ah! Le scale!
    Da bambina, negli anni cinquanta, le scale delle “Due Porte”,le facevo in braccio a mia madre, soprattutto, quando, d’estate, stanca, rientravamo ormai sera, dal mare di Baia. Quanto mi piaceva andare in Cumana e sentire, dal finestrino il profumo della menta selvatica! E, poi, le scale di via Giacinto Gigante per arrivare alla Salute, al negozio di nonna Maria ‘a Panettera. E,poi, le scale in fondo a via Salvator Rosa per “accorciare”, all’uscita dalla Scuola Elementare Vincenzo Cuoco, di pomeriggio, e raggiungere il Cinema Tarsia, dove ci recavamo di lunedì, giorno di festa di mio padre, barbiere. E, poi, le scale del Petraio, dove da ragazzina, con i calzini bianchi e le scarpe alla Mina (basse, di vernice nera e con il cinturino), insieme con delle compagnucce di Scuola Media, ci siamo dati appuntamento con dei ragazzi conosciuti dal balcone. Purtroppo una pioggia improvvisa ci sorprese tutti, per cui scappammo e risalimmo precipitosamente le scale, dal punto in cui eravamo, il Corso Vittorio Emanuele, verso il Vomero!
    Ah! Le scale…
    Quanto è bella la gioventù, con il suo vigore!
    Oggi percorro le scale della Gaiola!
    Buone Scale a tutti! Napoli è anche questo!
    Saluti, Lella Napolitano,
    “una” che di scale ne ha salite…tante!

  2. Rosa ha detto:

    Che meraviglia leggere queste testimonianze , mia madre è nata ” sulle due porte” adoro quel luogo .

  3. Francesco Palmieri ha detto:

    Ci sono nato

  4. Gianni ha detto:

    Che bella testimonianza….anch’io da piccolo ci venivo spesso alle “Due Porte”,perche li ci viveva la sorella di mia mamma..zia Rosaria e con miei cugini mi sono divertito sempre tantissimo;inoltre con la giovinezza con i miei amici di quel tempo avevamo preso in affitto dei locali in fondo al vicoletto “San Dinnaro”,così lo chiamavano,che bei tempi e quanta nostalgia.Adesso è tanto tempo che non ci vado ma alla prossima venuta a Napoli,vivo a Milano,lo farò,per rivedere quei luoghi.

  5. Ornella Gabbiani ha detto:

    Ciao, io sono Ornella, abito a Verona e a Napoli sono legati molti dei più bei ricordi della mia infanzia… Mia nonna abitava in un grande, imponente palazzo di fronte al Pontano, proprio in Corso Vittorio Emanuele! Quando la mattina si usciva per andare a far la spesa, mia nonna mi comprava una ciambella, la “graffa”, la chiamava, di cui io ricordo ancora il sapore 😋… Al pomeriggio, quando stavo in casa, giocavo a far andare su e giù il paniere dal balcone, chiedendomi perché non lo si facesse anche a casa nostra (vicino Venezia, all’epoca)! Si andava a mare a Miniscola, a Bacoli o a capo Miseno, dove trascorremmo un fantastico Ferragosto con la zia e i cugini mangiando “ruoti” di gnocchi alla sorrentina e parmigiane di melanzane…
    Mi ha fatto piacere leggere il tuo commento, mi è sembrato quasi di vedere le cose di cui parlavi!
    Ti saluto, bye
    Ornella

  6. Patrizia ha detto:

    Mia madre con la sua famigli ci abitavano anche loro in quella zona descritta dalla signora Napolitano e più o meno nella stessa epoca.
    Tutto ciò che ha raccontato è preciso a quello che ci hanno raccontato

  7. Tina ha detto:

    Signora Napolitano anch’io sono nata alle 2 porte in arco san Gennaro e la mia casa è nel primo palazzo entrando nell’arco ! Affacciamo proprio difronte ai 3 palazzi costruiti al posto delle case da lei citate ! Io sono del 61 ed ho lontanissimi ricordi della sua abitazione . Penso che sicuramente lei avra’ conosciuto mia mamma che si chiamava Ninuccia che aveva una sorella che si chiamava Graziella morta giovanissima di parto , mia nonna si chiamava Teresa e faceva la lavandaia!

  8. Tina grieco ha detto:

    Sugnora Napolitano anch’io sono nata e vissuta alle 2 porte ed abito nel palazzo che praticamente era difronte al suo prima che venisse abbattuto.sicuramente avra’ conosciuto mia mamma che si chiamava Ninuccia e mia zia Graziella morta molto giovane di parto ed erano le figlie di Teresa la lavandaia.Mio padre Gigino che apparteneva alla signora che faceva le pizze fritte la domenica mattina che tutti chiamavano zia Eva!

  9. Giuliana Molinaro ha detto:

    che bei ricordi!!
    Da bambina giu’ alle 2 porte andavo dal calzolaio Ruscetta , poi con mamma, compravo le uova da Emilia (così mi pare si chiamasse ) che scendeva appositamente per alcune clienti dalle “Terre del paradiso alto” La ricordo quando, a volte ,metteva il paniere in testa con tanto di cercine. Da adulta sono tornata spesso
    sia per il panorama che si vedeva dalla piscina Neapolis( oggi ancora chiusa non so perchè) ,
    sia perchè incantata dalla piccola cappella che ho avuto modo di visitare in piu’ riprese con due brave guide ,che per me , racchiude tesori ìnestimabili
    sia in visita con gli studenti, per mostrare ai miei alunni quante meraviglie racchiudano luoghi non sempre conosciuti.
    Ho trovato poi, scavando nei ricordi di famiglia , un libro del 1890 rieditato nel 1916 nel quale vengono riportati i canti delle lavandaie di Luigi Molinaro del Chiaro del 1890 Nelle note del libro si parla delle fate , le bellissime lavandaie che lavavano panni cantando proprio in quei luoghi!

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