Mamma Schiavona: la Madonna di Montevergine, protettrice degli omosessuali
Chiesa Cattolica e omosessualità non sempre sono andate di comune accordo (anzi). La cultura campana ha comunque trovato un punto di contatto fra i due mondi: Mamma schiavona.
Storicamente omosessualità e Chiesa Cattolica hanno sempre viaggiato su binari paralleli. I tempi cambiano e con loro anche il mondo e, con l’avvento di Papa Francesco I, e con la crescente sensibilizzazione alla discriminazione delle comunità LGTBQ+, sono stati compiuti dei passi di riavvicinamento, anche se è ancora tanta la strada da fare.
Ebbene, in Campania questo accordo si era già trovato in una figura che faceva da vera e propria cerniera di collegamento: la Mamma Schiavona, il nome con cui è nota la Madonna di Montevergine.
Parentele e legami napoletani da conoscere per destreggiarsi in famigliaLa leggenda della Mamma Schiavona
La leggenda della Madonna di Montevergine ha origine incerta. Il suo santuario si trova sul massiccio montuoso del Partenio, ad un’altezza di 1270 metri.
Sulla sua effigie è presente la scritta in latino: “Nigra et formosa es, amica mea“, espressione ripresa dal Cantico dei Cantici. Probabilmente il riferimento è al culto delle Vergini nere, che risale al Medioevo. È l’espressione concreta della femminilità in re ipsa, la sostanza nera rappresenterebbe il principio della Materia prima, lo stesso che scorre nelle viscere della Terra. Qualcosa di profondissimo e pulsante.
Forse anche per questo motivo, attorno al culto della Mamma Schiavona gravitano leggende, mitologie e superstizioni che intrecciano sacro e profano.
Secondo la mitologia e la tradizione cattolica, le Madonne sorelle erano 7: 6 bianche candide ed una nera. Essa, proprio per il colore della pelle, era considerata la più brutta fra le madonne . E per la sua diversità – forse il lettore starà cominciando ad intuire – deriva l’appellativo “Schiavona“, che significa straniera. Ferita ma orgogliosa, la Madonna nera, offesa, si rifugiò sul monte Partenio. Qualcuno direbbe “chella cammisa ca’ nun vo’ stà cu’ te, piglia e stracciala!”.
La madonna di Montevergine avrebbe giustificato la sua “fuga” sul monte così:
“…si jo song brutta, allora loro hanna venì fino è cà ‘n gopp a me truvà!
In maniera – occorre dirlo – molto simile alla fiaba del brutto anatroccolo, la situazione si capovolge e dall’essere considerata la più brutta fra le madonne, la Mamma Schiavona diventa la più bella e la più venerata fra le le sorelle, al punto da meritare di essere celebrata due volte, a febbraio e a settembre.
È considerata una madonna che perdona, dolce e indulgente. Una rappresentazione simile a quella della madonna dei mandarini, come descritta nella meravigliosa poesia di Ferdinando Russo.
La candelora
La candelora è la festa cristiana in cui in Chiesa si benedicono le candele. Il significato vuol essere la connessione mistica fra la luce delle candele e la quella divina di Cristo che illumina la vita degli uomini. Si tiene il 2 Febbraio, 40 giorni dopo la nascita di Cristo.
Tali candele benedette, poi, nel corso dell’anno vengono accese “all’occorrenza“. Lo spettacolo offerto alla Madonna di Montevergine, con un numero immenso di candele, è strabiliante.
Sul Monte Partenio non ci si limita, però, a portare candele in silenzio. Siamo conosciuti in tutto il mondo per fare festa e casino e infatti sulla montagna si riuniscono i tammurrari della Campania, suonatori di strumenti popolari. E soprattutto si verifica la cosiddetta “juta dei femminielli”
Protettrice degli omosessuali
Per ovvie ragioni, fra cui la discriminazione e la diversità, Mamma Schiavona si è tramutata nella protettrice degli omosessuali. La leggenda vuole che nel 1256 (un po’ prima della sensibilizzazione ai temi LGBTQ+) fossero esiliati e condannati a morte due omosessuali per atti impuri e osceni in luogo pubblico, tramite assideramento sul monte Partenio in una giornata freddissima di neve. A guastare i piani dei giudicatori moralisti, arrivò il sole: la neve si sciolse e i malcapitati si salvarono.
Da allora, la festa della candelora è anche una sorta di Gay Pride, o comunque luogo di celebrazione e festa anche per gay, lesbiche, trans ecc. Siccome noi siamo inclusivi e non mastichiamo benissimo le altre lingue, in napoletano mettiamo tutti nella categoria femminielli: chi è uomo e si sente donna, chi diventa donna, chi si traveste da donna, chi è uomo e gli piacciono gli uomini. Non ci importa. La comunità è perfettamente integrata nella cultura napoletana.
Il nemico comune da combattere è l’ignoranza, che può essere distrutta solo con la cultura. Che la mamma Schiavona ci protegga e ci aiuti in questa difficile guerra!