Quando la natura riprende i suoi spazi: il borgo abbandonato di Melito Irpino

Alla scoperta di Melito Irpino

Arte e Cultura
Articolo di , 31 Dic 2020
1693

Spesso capita che la natura decida di riappropriarsi dei propri spazi, attraverso catastrofi climatiche, dissesti idrogeologici, o semplicemente lasciando all’uomo un’unica scelta, ossia quella di abbandonare la propria casa e costruirsene una diversa, altrove. È questo il caso di Melito Irpino, un piccolo borgo medievale, sopravvissuto per secoli a diverse vicende che ne hanno messo a dura prova mura ed abitanti. Al confine tra Grottaminarda ed Ariano, oggi ciò che ne rimane è rappresentato da fatiscenti ruderi che testimoniano una lunga e travagliata storia.

La storia

Non si hanno notizie certe sulla data di fondazione ma Tito Livio, ai tempi di Annibale, ne parlò come di un centro abitato distrutto dalle truppe di Quinto Fabio e Claudio Marcello durante la Seconda Guerra Cartaginese. Intorno alla fine del 1800 sono state rinvenute tracce che testimoniano l’esistenza del borgo di Melito ai tempi dei Sanniti; probabilmente la denominazione era diversa da quella a noi nota, dal momento che,  dai reperti ritrovati, si parla di antiche città quale Cluvium, Melae ed Aeclanum. Le prime vere notizie accertate di Melito risalgono, invece, ai Normanni, da cui sono giunti documenti del 1150 sulle rendite annue del borgo erogate a favore del re.

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Fino al 1923 la denominazione del borgo fu Melito Irpino valle Bonito. Il centro si concentrava in quella che un tempo era Piazza Vittoria, a ridosso della Valle dell’Ufita, il fiume su cui si affacciava e tuttora si affacciano gli unici resti a noi pervenuti.

I ruderi oggi

Tra la fitta vegetazione, segno della natura che si riappropria con forza e prepotenza di quanto le appartiene, si distinguono oggi il castello e la chiesa di Sant’Egidio. Il primo risale al 1062 e si erge imponente ancora oggi, a pianta romboidale con tre torri angolari, due circolari ed una quadrata. Scenario di battaglie e sanguinosi assalti, nel 1799 fu abbandonato a causa di un incendio che ne distrusse gli interni. Dopo 100 lunghi anni, nel 1912 fu acquisito e ristrutturato dal Principe Stefano Colonna.

Diversi furono gli eventi nefasti che colpirono la rocca ed il borgo. Numerosi sismi colpirono, infatti, Melito: quello del 1456, del 1688, ma anche del 1702 fino ad arrivare al 1962 quando il terremoto si abbatté sul borgo, distruggendo gran parte delle abitazioni. Melito in quell’occasione non fu rasa al suolo, ma si decise lo stesso di abbandonare per sempre quel luogo sfortunato, per una rinascita poco distante da lì.

Oltre il castello, oggi è possibile scorgere tra la natura, la Chiesa di Sant’Egidio, un rudere dalla facciata in pietra, dal tetto pericolante ma dagli interni finemente decorati. Ancora in piedi l’antico campanile, disposto su tre livelli.

Misteri e leggende: la Dama Bianca

Un paese fantasma come Melito Irpino evoca la nostalgia di un passato che non può più tornare, e porta con sé anche una buona dose di mistero. Numerose leggende e racconti aleggiano attorno alle rovine della rocca che ancora svetta tra la vegetazione selvatica. Si dice che nel ‘600 il castello fosse abitato da una castellana di nome Porzia, tanto bella quanto crudele. La donna era solita portare all’interno della sua abitazione giovani amanti che, una volta sedotti, venivano avvelenati. Un giorno, il marito Goffredo scoprì i tradimenti e, dopo averla rinchiusa in una torre, fece trucidare la marchesa. Si dice che il suo spirito vaghi tra le mura del castello al tramonto o, ancora, nelle notti primaverili, proprio come quando fu uccisa. Molti raccontano di aver visto la Dama Bianca vagare pallida, con capelli sciolti ed un abito bianco macchiato di sangue in cerca di vendetta.

Come arrivare a Melito Irpino

Per raggiungere l’antico borgo di Melito Irpino, è necessario percorrere l’A16 Napoli-Bari, prendere lo svincolo di Grottaminarda e proseguire per la SS90.

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