L’Anfiteatro Flavio: alcune curiosità che non ti aspetti
Perché si chiama Anfiteatro Neroniano-Flavio?

È impossibile, passeggiando per il centro storico di Pozzuoli, non restare incantati di fronte alla bellezza dell’Anfiteatro Maggiore, che, nonostante le grate verdi e arrugginite dal tempo, appare maestoso e potente.
L’Anfiteatro Neroniano-Flavio, ci ha incuriosito molto e, per questo, abbiamo immaginato di scorgerne alcune sfumature, con la volontà di dare ancora più luce ad uno dei gioielli più strabilianti dei Campi Flegrei.
Breve accenno alla sua storia
Si dice che l’Anfiteatro Flavio sia stato edificato in epoca flavia (69-96 d.C), iniziato sotto Nerone e terminato da Vespasiano.
Si articolava su tre ordini architettonici coronati da un attico e disponeva di ben quattro ingressi principali e dodici secondari, oltre a venti rampe di scale che dal portico esterno conducevano alle parti superiori.
L’arena evidenzia sul suo piano numerose aperture che danno sui sotterranei. Attraverso la più grande di queste (lunga 45 metri) venivano issate, per mezzo di montacarichi, le scenografie, che facevano da sfondo ai mortali duelli dei gladiatori o alle cacce degli animali feroci. Anche la caccia era vista infatti come intrattenimento: gli animali venivano fatti uscire dalle loro celle per l’inizio dello spettacolo, per poi entrare in gabbie sollevate successivamente verso l’alto, sino all’arena.
Sull’asse minore, si scorge a Sud il sacello che dovette ospitare l’immagine del nume tutelare dei giochi, mentre sul lato opposto vi è l’imbocco di una lunga e oscura galleria nella quale è da riconoscere la “Porta Libitinaria”, il luogo dove erano trascinati morti e feriti.
I sotterranei, punto focale e forse luogo più animato della costruzione, si articolano su tre corridoi: due di essi coincidono con gli assi dell’ellisse, il terzo segue invece l’andamento del muro del podio che superiormente delimita l’arena. Fra gli uni e l’altro, lo spazio risultante viene ad essere suddiviso in quattro settori, frazionati in ambienti comunicanti fra loro.
Inoltre, è pressoché intatto l’articolato ben complesso dei sotterranei, tant’è vero che è stato possibile studiare il complesso sistema di sollevamento delle gabbie con le belve.
Perché si chiama Anfiteatro Neroniano-Flavio?
In realtà, l’edificazione del monumento viene convenzionalmente fatta risalire all’età Flavia a causa di un’iscrizione apposta in quattro copie su ognuno degli ingressi principali: Colonia Flavia Augusta puteolana pecunia sua che sta a significare “la città, onorata dall’imperatore del titolo di Colonia Flavia Augusta [ha costruito] a proprie spese”. Questa iscrizione rivela che, se l’oggetto in questione è l’Anfiteatro stesso, esso fu innalzato a spese dell’erario cittadino.
Tuttavia, grazie a recenti ritrovamenti epigrafici si ipotizza che l’edificio sia di età Neroniana.
Dunque, se così fosse, deve essere questo l’anfiteatro puteolano in cui, nel 66 d.C. si celebrarono i grandiosi giochi in onore di Tiridate, re di Armenia, quando, secondo alcune interpretazioni, si svolsero i primi incontri tra gladiatrici di cui si abbia notizia scritta.
Ma come spiegare, allora, l’iscrizione di età Flavia? Potrebbe essere che in quell’epoca fu completato e decorato. È doveroso ricordare, infatti, che la menzione del nome di Nerone era proibita per la sua damnatio memoriae.
Il terzo anfiteatro più grande in Italia
Tra le cose che incuriosiscono particolarmente, vi è il fatto che l’Anfiteatro puteolano è il terzo italiano per grandezza nel suo genere, dopo il Colosseo e l’anfiteatro di Capua. Va segnalato che l’anello più esterno è stato quasi del tutto abbattuto, quindi ad oggi non ne riusciamo a vedere del tutto la reale grandezza che fu.
Secondo alcuni studi, poteva contenere dai 20.000 ai 40.000 spettatori (i posti erano di maggiore o minore pregio in rapporto alla distanza dall’arena) e fu innalzato in un tempo sostanzialmente breve.
Le persecuzioni cristiane
Come il grande Colosseo, anche l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli fece da cornice alle persecuzioni cristiane del 305, sotto l’imperatore Diocleziano. Furono portati nell’arena sette martiri cristiani: i beneventani Gennaro, Festo e Desiderio, il misenate Sosso, e i puteolani Procolo, Eutiche e Acuzio, poi decapitati nei pressi della Solfatara.
Il complicato sistema di canalizzazione nei sotterranei
Nei sotterranei è ben visibile anche parte degli impianti idrici dell’anfiteatro. L’edificio, infatti, era dotato di un intricato sistema di canalizzazione che convogliava le acque in una fogna centrale collocata sotto il piano dell’arena. Infine, fontane alimentate da cisterne arano disposte negli ambienti radiali lungo il perimetro esterno, per soddisfare alle necessità del pubblico e garantire la manutenzione.
Fonti:
-I Campi Flegrei, un itinerario archeologico; a cura di: Paolo Amalfitano, Giuseppe Camodeca, Maura Medri.
-Pozzuoli nei Campi Flegrei, 1995, Azienda Autonoma di Cura di Soggiorno e Turismo di Pozzuoli.
-Oltre il mito, Nove giorni nei Campi Flegrei, Associazione culturali, otre l’averno flegrea Lux in Fabula.

