7 settembre 1860: Giuseppe Garibaldi fece il suo ingresso trionfale a Napoli

Il Generale arriva nella capitale borbonica salutato da ali di folla esultante.

Arte e Cultura
Articolo di , 07 Set 2010
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Il 7 settembre 1860 il Generale arriva nella capitale borbonica salutato da ali di folla esultante.

Nei loro elementi essenziali, l’arrivo di Garibaldi a Napoli e l’ingresso in città , il 7 settembre 1860, sono ben noti. A tappe forzate, proveniente dalla Calabria, giunge a Salerno nel pomeriggio inoltrato del 6 settembre, accolto da entusiasmo incontenibile. Da segnalare, la quasi concomitante partenza da Napoli, alla volta di Gaeta, del re Francesco II di Borbone (“Franceschiello”). Il Generale è accompagnato da poche persone, e comunque il grosso delle sue forze è ancora impegnato nelle regioni meridionali. All’alba del giorno 7, è già  in piena attività; riceve una delegazione e si appresta a ripartire, questa volta per un primo tratto in carrozza e quindi su un treno speciale che lo conduce «nella bella Partenope».

Guardare il mare dal Castel dell'Ovo

Nelle stazioni e località attraversate dal convoglio prima di arrestarsi a Porta Nolana, ancora scene di folle festanti. In città, le autorità  (Liborio Romano, in testa) si preoccupano soprattutto di creare un clima disteso, e lo stesso Garibaldi si è premunito facendo diffondere un manifesto-appello dai toni più che concilianti. Una volta in città, il resto della giornata fatidica è impegnato nell’attraversamento di Napoli, lungo via Marina, costeggiando il Carmine, lambendo il Maschio Angioino, il Largo di Palazzo Reale (con breve discorso); quindi, il trionfo per Toledo fino a Palazzo d’Angri, dove è riunita una moltitudine di napoletani: si vedono tantissimi ritratti del Generale sollevati in segno di giubilo e devozione.

Non è mancata la sosta al Duomo, per il rituale “Te Deum” di ringraziamento. Dalla guarnigione borbonica, nessun segno di particolare allarme o di ostilità , neppure dal folto presidio dislocato nel forte di Sant’Elmo. Il Generale trascorre la sera e la notte al Palazzo, stanco e bisognoso di meritato riposo. Nel pomeriggio seguente (8 settembre) si concederà  alla folla: stavolta, attraversando, in parata, la Riviera di Chiaia, diretto alla chiesa di Piedigrotta, per la tradizionale festa in onore della Madonna. Non c’è che dire: per la città , anche una straordinaria, emozionante Piedigrotta questa del 1860!
Fin qui, i nudi fatti, per così dire; è però necessario chiarire che Napoli è il crocevia, militare e ancor più politico, della spedizione di Garibaldi e del futuro immediato del processo unitario italiano, secondo il piano di Cavour oppure nella direzione (conquista di Roma e Venezia in quadro di accentuata democrazia) garibaldina. Sotto il profilo personale e psicologico, difficile, se non impossibile, sapere e riferire ciò che davvero passava al momento nella mente e nel cuore dell’Uomo dalle “cento vite in una”- secondo la definizione di Nino D’Ambra – e comunque capace ogni volta di provare nuove intense emozioni e impulsi profondi e, insieme, irruenti. Ma qualcosa possiamo apprendere dalle sue “Memorie autobiografiche”, pur con la tara necessaria da fare a quanto di sé dice un protagonista avvezzo a vivere costruendo il proprio mito, ad uso dei posteri.

Così, seguiamone il racconto: «L’ingresso nella grande capitale ha più del portentoso, che della realtà. Accompagnato da pochi aiutanti, io passai frammezzo alle truppe borboniche ancora padrone, le quali mi presentavano l’armi con più ossequio certamente, che non lo facevano in quei tempi ai loro generali. Il 7 settembre I860! E chi dei figli di Partenope non ricorderà  il gloriosissimo giorno? Il 7 settembre cadeva l’abborrita dinastia che un grande statista inglese aveva chiamato “Maledizione di Dio”! e sorgeva sulle sue rovine la sovranità  del popolo, che una sventurata fatalità  fa sempre poco duratura…
Il 7 settembre un figlio del popolo, accompagnato da pochi suoi amici che si chiamavano aiutanti, entrava nella superba capitale dal focoso destriero acclamato e sorretto dai cinquecentomila abitatori, la cui fervida ed irresistibile volontà, paralizzando un esercito intero, li spingeva alla demolizione di una tirannide, all’emancipazione dei sacri loro diritti; quella scossa avrebbe potuto muovere l’intera Italia, e portarla sulla via del dovere, quel ruggito basterebbe a far mansueti i reggitori insaziabili, ed a rovesciarli nella polvere!…

Eppure il plauso ed il contegno imponente del grande popolo valsero nel 7 settembre 1860 a mantenere innocuo l’esercito borbonico, padrone ancora dei forti e dei punti principali della città, da dove avrebbe potuto distruggerla. Io entravo in Napoli mentre tutto l’esercito meridionale trovatosi ancora ben distante verso lo Stretto di Messina, ed il re di Napoli aveva abbandonato il giorno antecedente la sua reggia per ritirarsi a Capua. Il nido monarchico, ancor caldo, venne occupato dagli emancipatori popolani ed i ricchi tappeti della reggia furono calpestati dal rozzo calzare del proletario».
La pagina prosegue sullo stesso tono, con un passaggio ancora contro gli uomini «del privilegio, che non si correggono nemmeno quando il leone popolare spinto alla disperazione ruggisce alle loro porte per sbranarli con ira selvaggia, ma giusta, ma figlia dell’odio seminato dalla tirannide.

A Napoli, come in tutti i paesi percorsi dallo Stretto di Messina, le popolazioni furono sublimi d’entusiasmo e d’amor patrio…». Nella stessa “memoria” il riconoscimento del favorevole comportamento della Marina militare borbonica, che non lo aveva osteggiato, ma soprattutto l’amara constatazione dell´avversione, irriducibile, di Cavour e del partito dei moderati cavouriani, fautore dell’indirizzo che si sarebbe nei fatti affermato e che avrebbe orientato la storia del Sud e dell’Italia tutta sui binari del centralismo monarchico sabaudo e della “piemontesizzazione”.

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4 risposte a “7 settembre 1860: Giuseppe Garibaldi fece il suo ingresso trionfale a Napoli”

  1. Vincenzo ha detto:

    Imparate la storia di Napoli e del Sud prima di affrettarvi a festeggiare gli eroi sbagliati.

  2. ottavio amodio ha detto:

    prima diparlare di ingresso trionfale di garibaldi a napoli ci si dovrebbe ricordare che lo stesso fu accompagnato dal capo camorra tore é crescenzo che, poi, in seguito, organizzò il plebiscito dal quale, falsamente, risultò che il popolo napoletano accettava l’unificazione. E la storia del plebiscito, grande truffa, andrebbe meticolosamente illustrata per evidenziarele modalità del suo svolgimento. grazie

  3. Pasquale ha detto:

    La camorra fu sfruttata da Garibaldi con l’aiuto dell’ultimo Ministro dell’Interno Liborio Romano, il quale affidò ai camorristi la patente di “tutori dell’ordine pubblico”. Costoro approfittarono della situazione senza alcuno scrupolo e, di fatto, furono i collaborazionisti più determinanti degli invasori.
    La bella società riformata, come veniva chiamata all’epoca la camorra, fece, così, un deciso salto di qualità, mentre durante il governo duosiciliano era stata tenuta ai margini del vivere civile.
    Lo stesso Garibaldi, anni dopo in una lettera scrive: Ho la coscienza di non aver fatto male; nonostante, non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esservi preso a sassate da quei popoli

  4. Giovanni ha detto:

    Articolo esaustivo. Sempre divertenti i commenti di coloro che, dall’alto dei loro studi sui social, pontificano di storia manco fossero docenti universitari.
    Il ministro Romano, vicino a camorristi, fu nominato da Francesco II, non da Garibaldi.. Ciò testimonia come essi erano già ben infiltrati con la dinastia borbonica. A supporto di ciò vi sono gli studi di A. Fiore.

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