Villa Il Paradiso: misteri e leggende della perduta dimora dei Caracciolo di Vico
Villa Il Paradiso la bellissima dimora cinquecentesca appartenuta a Colantonio Caracciolo; ormai del tutto scomparsa, sono famose le sue leggende e i suoi misteri che terrorizzano chiunque osi avvicinarsi.
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Villa «Il Paradiso» da non confondere con altre dimore storiche omonime presenti sul territorio campano, fu fregiata del titolo della più bella villa cinquecentesca napoletana che sorgeva nel centro storico di Napoli (in zona della Duchesca, sul Corso Umberto) tanto desiderata dal nobile Colantonio Caracciolo.
Nel XVI il nobile casato napoletano dei Caracciolo si estese in «Vico» il ramo generatosi acquistando la terra di Vico a seguito della disputa del regno tra Aragonesi e Angioini; fedeli all’imperatore Carlo V ottennero per beneficio il titolo di marchesi , dando vita e lustro alla rinascita del casato.
In questo periodo di splendore Colantonio Caracciolo, un uomo carismatico e ben apprezzato nel regno, volle costruire a Napoli e fuori Porta Nolana nei pressi della Chiesa di San Pietro ad Aram, una bellissima dimora che fu chiamata «Villa il Paradiso o Li Paradiso» con l’intento di evocare un luogo di letizia accogliente e rigoglioso, conciliando il gusto raffinato dei Caracciolo con l’eleganza del pieno stile rinascimentale.
Secondo le cronache e i documenti storici, la villa doveva possedere un maestoso giardino curato nei minimi dettagli, adornato da preziose fontane e leggiadri giochi d’acqua davvero suggestivi dove si poteva passeggiare e contemplare la bellezza delle statue antich e, che celebravano il mito e la natura.
All’epoca la visione di «Villa Il Paradiso» doveva dare l’impressione di trovarsi effettivamente in un’altra dimensione anche se in città, un luogo dove i Caracciolo si ristorassero dai viaggi e dalle fatiche. La villa conobbe fasti e glorie fino a quando venne abbandonata del tutto dal figlio di Colantonio, Galeazzo Caracciolo accusato di eresia e al centro di varie persecuzioni religiose, portando la famiglia sull’orlo dello scandalo e nella decadenza.
Sfortunatamente della splendida villa resta quasi nulla o per meglio dire si conservano solo dei resti inglobati nei palazzi circostanti, da cui probabilmente si lega il ricordo di una leggenda alquanto sinistra che ha ben poco a che fare con il nome paradisiaco della dimora storica.
Un dettaglio particolare, pare sia la causa che avrebbe alimentato la leggenda misteriosa che infesta le antiche mura della villa: una strana epigrafe quasi sbiadita situata sul portone d’ingresso, reca la data 1543 ( lo stesso anno in cui Colantonio fece porre una lapide nel suo palazzo a seguito dei festeggiamenti che Napoli tributò al sultano di Tunisi) su cui è incisa una breve dedica pagana agli Dei che per molti residenti suonerebbe come un’esortazione al demonio; per ora nessuno conferma o sconfessa tale ipotesi ma la leggenda sussiste.
Oltre alla strana epigrafe, si narra la presenza di uno spirito maligno, un demone o del fantasma di un nobile Caracciolo, che si dice appaia nel cuore della notte inondando le pareti con il suo viso enorme con espressione di rabbia scatenando il terrore dei vicini, costretti di tanto in tanto a non dormire per lo spavento.
Insomma si sconsiglia di avventurarsi, c’è più Inferno che Paradiso…
Ma quali altri misteri nasconde la «Villa Il Paradiso»? Forse i segreti che consumarono la vita del giovane Galeazzo Caracciolo e l’anatema scagliatogli dal padre.
Nobile di stirpe e unico figlio maschio di Colantonio, sposato alla bella Vittoria Carafa, ereditò la migliore cultura umanista che Napoli seppe offrire nel ‘500 con i suoi letterati e poeti, che diedero slancio vitale ai cenacoli e alle accademie. In questo fiorire culturale, l’Europa fu attraversata da correnti religiose e spiritualiste che giunsero in Italia e nei regni del sud, e misero in crisi i valori della Chiesa Cristiana con la venuta del celebre teologo e riformatore spagnolo Juan de Valdés nel 1536, esule dalla Spagna a seguito delle persecuzioni effettuate dall’Inquisizione contro i movimenti ereticali.
Juan de Valdés, costituì proprio a Napoli nella sua casa a Chiaia, il più autorevole cenacolo culturale della città e fra i più prestigiosi d’Italia, al quale presero parte numerosi letterati, teologi, ecclesiastici, e nobili come Galeazzo che avvertì il desiderio di convertirsi alla dottrina riformatrice. La sua scelta destò scandalo per l’epoca nell’intera società e nella famiglia di origine cattolica che vantò papi e alti prelati; inutili furono i tentativi dei genitori (di cui il padre infuriato si narra scagliò’ un duro anatema) e della moglie Vittoria Carafa di riportarlo su suoi passi. Visse per il resto dei suoi giorni con un dolore sul cuore, esiliato definitivamente a Ginevra come altri esuli per motivi religiosi, lontano dagli affetti ma contribuendo con onore in modo significativo alla costituzione della chiesa Evangelica Italiana.
Noto è il suo Testamento che il 28 maggio 1577 consegnò in prima persona al notaio Jovenon di Ginevra e dove descrisse tutti i momenti drammatici che visse sulla sua pelle, spiegando la sua difficile scelta spirituale “Come un buon testamento è l’istituzione di un erede, allora faccio e nomino i miei eredi universali di tutti i miei beni che ho lasciato e possedo nel regno di Napoli, che sono tanti e senza paragone più grandi e di più grandi valori di quelli che ho portato qui a Ginevra”.
In sua memoria, ricordiamo un gioiello dell’arte italiana: la splendida Cappella rinascimentale Caracciolo di Vico presente nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara, dove celebre è il monumento funebre di Galeazzo Caracciolo.
Quale rapporto esiste tra l’oscura leggenda che gravita sulla Villa il Paradiso con le vicende di della famiglia Caracciolo? Centra forse l’anatema scagliato da Colantonio in collera con Galeazzo? Di certo non lo sappiamo ma resta il fascino di una leggenda popolare antica da leggere fra le mura di Napoli.