Sguallariato: alla scoperta di un buffo termine napoletano
Cosa significa il termine sguallariato? E da cosa nasce?
È chiaro ai più che il dialetto napoletano non sia soltanto un semplice dialetto. Si tratta piuttosto di una lingua ben strutturata e incredibilmente ricca.
La lingua napoletana è infatti un insieme ben coeso e tanto studiato di lemmi diversificati tra loro. Questi ultimi sono presenti in quantità davvero abnormi e rappresentano l’esteriorizzazione mediante parole dell’anima della città. Un’anima arricchita da una lunga storia, da un costume peculiare, da una cultura colorita e da una quotidianità particolare.
Al suo interno è presente lo spirito partenopeo in ogni sua forma, inclusa quella ironica e buffa.
Tali caratteristiche prendono vita dalle labbra dei cittadini mediante dei termini unici, che vengono utilizzati a mo’ di richiami, a mo’ di battute, a mo’ di rielaborazioni.
E tra questi è impossibile non annoverare sguallariato.
Sguallariato a Napoli, che significa?
Per parlare del termine Sguallariato non si può non citare il termine guallera, uallera, dal quale nasce.
La guallera, in napoletano, è il lemma colorito per riferirsi all’ernia.
Di conseguenza, la parola sguallariato è perciò utilizzata per riferirsi a qualcosa condizionato dall’ernia. Nello specifico, è sguallariato un capo compromesso dalla presenza dell’ernia.
L’ernia figurata rovinerebbe quindi l’elasticità e la forma dei capi, che diventerebbero, quindi, sguallariati, ovvero informi, dalla trama sfibrata, con delle parti meno tese e più molli.
Tale sguallariamento riguarderebbe ogni tipologia d’abbigliamento, per estensione d’uso del termine, non soltanto quelli a contatto fisico con l’ernia.