Santi napoletani: San Gaetano Thiene e l’Ordine dei Padri Teatini

Arte e Cultura
Articolo di , 18 Nov 2020
1708

 

A Napoli non mancano santi. San Gennaro è quello che accomuna tutti. Ma anche altre figure miracolose sono entrate a far parte delle preghiere dei napoletani.  Uno di questi è il padre teatino Gaetano Thiene, proclamato santo nel 1671. Fu definito «acceso apostolo del divino Amore e campione insigne dell’umana carità» e tale devozione per la figura di Dio e del Cristo gli valse il titolo di Santo della Provvidenza.

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Gaetano Thiene non era di origine napoletana, come si potrebbe credere. Come altri chierici che operarono in città, fu adottato dai suoi abitanti grazie all’assistenza continua e senza riserve per i meno abietti.

 

Era di nobili origini. Nacque nel 1480 a Vicenza dal conte Gasparo Thiene e Maria di Battista da Porto. Studiò inutroque iure a Padova, ma all’avvocatura preferì consacrare la sua vita a Dio, nel 1504, ancor prima del conferimento degli ordini sacri.

Nel 1507 si trasferì a Roma dove, in pieno splendore rinascimentale,  dove vide grandi artisti all’opera e quanto di più bello l’arte era in grado di offrire all’epoca. Il nostro Gaetano non si lasciò abbagliare dallo splendore della corte pontificia, dove esercitava l’incarico di scrittore delle lettere apostoliche, né si scoraggiò per la miseria morale che vedeva. Da uomo intelligente e concreto, passò all’azione riformatrice. Prese ad assistere gli ammalati dell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili e si iscrisse all’Oratorio del Divino Amore, una compagnia che aveva lo scopo di riformare la Chiesa.

 

La scelta del sacerdozio, all’età di 36 anni, fu dettata dall’esperienza maturata a Roma presso l’Oratorio del Divino Amore, dove partecipò attivamente alle opere per l’edificazione spirituale dei confratelli e un diffuso impegno assistenziale nei confronti di persone emarginate e a rischio.

Dopo un breve periodo in Veneto, ritornò a Roma nel 1523 e insieme a Bonifacio Colli, Paolo Consiglieri, Giampiero Carafa chiese ed ottenne l’autorizzazione a fondare la Congregazione dei Chierici Regolari, detti anche Teatini. Gaetano sentiva l’impellenza di formare e donare alla Chiesa sacerdoti che non possedevano niente e non potevano neanche chiedere l’elemosina, accontentandosi di ciò che i fedeli offrivano e di quanto la Provvidenza manda ai suoi figli, secondo la primitiva norma apostolica.

 

Durante il sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi, Gaetano fu catturato e barbaramente torturato. Liberato dalla prigionia, riparò con i confratelli a Venezia, riprendendo contatti sia con l’Ospedale degli Incurabili sia con i confratelli della Compagnia del Divino Amore.

Il 2 agosto 1533 Gaetano arrivò Napoli con l’incarico di fondare una nuova casa della Congregazione teatina. Qui dimorò prima presso Santa Maria della Misericordia fuori porta San Gennaro e poi presso l’Ospedale degli Incurabili, celebrando la messa nella chiesetta di Santa Maria del Popolo. Successivamente si trasferì in una nuova casa, ricavandovi anche la chiesetta  di Santa Maria della Stalletta. Solo nel 1538 il viceré Pedro de Toledo concesse ai teatini la basilica di San Paolo Maggiore, nel centro antico di Napoli, come sede stabile per l’Ordine.

 

La sua attività si esplicherà a Napoli fino alla sua morte nel 1547. Fu responsabile del potenziamento dell’Ospedale degli Incurabili, della fondazione di ospizi per gli anziani e del Monte di Pietà da cui nel 1539 sorse il Banco di Napoli, il più grande Istituto bancario del Mezzogiorno.

 

Stette vicino al popolo durante le carestie e sanguinosi tumulti. La sua fine giunse quando il tribunale dell’Inquisizione fu instaurato a Napoli. Il popolo si ribellò per difendere un principio di libertà. Gaetano fece di tutto per evitare il massacro arrivando infine ad offrire a Dio la vita, in cambio della pace. E consumato dagli stenti e dalle preoccupazioni, morì due mesi prima che la pace ritornasse in città.

E Il popolo napoletano non dimenticò mai che si donò a lui fino a morirne per una continua assistenza, senza risparmio. Operò la sua riforma dal basso verso l’alto, formando il clero e dedicandosi all’apostolato fra i poveri, i diseredati e gli ammalati, specie se abbandonati.

 

La piazza antistante la Basilica di San Paolo Maggiore, in via dei Tribunali, è intitolata a lui e il suo sepolcro, che ha un accesso diretto sulla piazza, è meta di continua devozione dello storico e popoloso rione, tanto che il suo nome è tra i più imposti ai figli dei napoletani e di tutta la provincia.

 

Photo credits: Valentina Cosentino

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