Palazzo Penne o Belzebù’. Il patto col Diavolo

Una leggenda sinistra e affascinante vede protagonista un palazzo storico di Napoli

Arte e Cultura
Articolo di , 03 Mar 2016
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Una leggenda sinistra ma altrettanto affascinante è quella che vede protagonista un palazzo storico di Napoli: Palazzo Penne, chiamato anche in gergo «’O Palazzo ‘e Belzebù» recentemente risanato dopo anni di difficoltà, attraverso un progetto di restauro e il completo recupero storico dell’edificio, grazie alle risorse attinte dai fondi europei del Por-Fesr 2007-2013 in accordo con la Regione Campania. Un piccolo gioiello dell’arte italiana.

Il Palazzo e i suoi simboli

Palazzo Penne resta l’unica traccia dell’architettura civile del XV secolo, simbolo rinascimentale del periodo “angioino-durazzesco” collocato nella zona dei Banchi Nuovi nel cuore del centro storico.
Il palazzo venne eretto nel 1406 come ricorda la lapide che sovrasta l’arco “XX anno regni regis Ladislai …” (Ventesimo anno del regno di re Ladislao) che sottolinea il contesto storico e il rapporto privilegiato che Antonio Penne aveva con il re Ladislao D’Angiò Durazzo, di cui era «imperial notaro» suo segretario.

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Dietro la gentile concessione reale, Antonio Penne utilizza gli stemma D’Angiò-Durazzo che pone sia sull’epigrafe che sulla facciata in bugnato di tufo di piperno; quest’ultimo si contraddistingue per la sua possente architettura distinta in tre ordini di bugnato in tre diverse cromie che esprimono un vivace gioco di contrasti, su cui svetta il frontone, decorato da archetti gotici fiammeggianti con quattro simboli che si alternano: la corona di re Ladislao, la Croce di Gerusalemme, lo stemma araldico di Maiorca ovvero i pali e le fasce di casa Durazzo.
Inoltre, si notano il simbolo delle penne della casata dell’ideatore che si alternano fra i gigli di casa reale.

Il portale d’ingresso è una superba architettura di notevole pregio che accoglie spiazzati i visitatori, dominato da un arco depresso tipico della periodo angioino-durazzesco, costruito in marmo bianco e in marmo portanova rosato.
L’attenzione maggiore si concentra sui simboli posti nello spazio tra l’arco e la cornice dove possiamo notare negli angoli, due scudi che rappresentano lo stemma della famiglia: lo scudo con tre penne.
Sull’arcata principale invece possiamo ammirare una composizione decorativa con chiari riferimenti scaramantici: alcune nuvole appena accennate che sprigionano dei raggi, simbolo della luce divina, mentre due mani sorreggono il nastro a festone, sui cui sono incisi due versi del poeta latino Marco Valerio Marziale (la preservazione dal malocchio)“Avi Ducis Vultu Sinec Auspicis Isca Libenter Omnibus Invideas Nemo Tibi” tradotto in «Tu che non volti la faccia e non guardi volentieri questo (palazzo) o invidioso, invidia pure tutti, nessuno invidia te». Dalla scaramazia passiamo a narrare la leggenda e il patto col Diavolo.

La leggenda. Il patto col Diavolo 

Il racconto popolare ci porta indietro nel tempo, durante il regno D’Angiò Durazzo nella Napoli rinascimentale.

Antonio Penne era un ricco borghese e proveniva da una cittadina di Penne in Abruzzo (da cui poi il casato) ed era il funzionario privilegiato, uomo di fiducia e notaio di re Ladislao d’Angiò Durazzo; ed era talmente elevato il suo prestigio che la sua sepoltura è ubicata all’interno del Monastero di Santa Chiara, luogo esclusivo della nobiltà napoletana e dei reali. Insomma, Penne aveva tutto per condurre una vita decorosa.

Giunto in città dalla Francia, di colpo si innamorò di una bella fanciulla di nobile famiglia napoletana, molto ambita da tanti pretendenti. L’uomo non si perse d’animo e le fece la sua proposta di matrimonio, questa gli disse che l’avrebbe sposato se fosse riuscito a costruire un palazzo in una notte sola, perché gli altri spasimanti attendevano una risposta all’indomani.

Antonio Penne ricorse all’arte oscura e convocò il Diavolo in persona, Belzebù che assecondò la sua richiesta in cambio della sua anima. Il contratto ben stilato dal funzionario qual’era, fu firmato con una penna intrisa del proprio sangue con una clausola all’apparenza insignificante, inserita all’ultimo momento.
Il patto col Diavolo fu siglato e da quel momento tutte le forze del male si misero all’opera e all’alba il lavoro giunse a termine;venne fuori il palazzo. Belzebù chiese a Penne quale fosse la clausola da rispettare e l’uomo porse la sua richiesta: egli avrebbe sparso nel palazzo uno strato di grano che il diavolo avrebbe dovuto raccogliere fino all’ultimo chicco, in cambio dell’anima del funzionario Penne.
Belzebù approvò e si mise scrupolosamente a raccogliere i chicchi uno ad uno, ma nel conteggio si accorsero che ne mancavano cinque.

Penne in realtà l’aveva ingannato e si era divertito ad impastare con la pece i cinque chicchi, rimasti incastrati agli unghioni del Diavolo e ciò gli procurò difficoltà perché non riuscì a contarli. Belzebù protestò per la scorrettezza di Penne e questo fece rapidamente il segno della croce che il Diavolo piombò in un buco molto profondo nel pavimento e sparì. Così Penne ebbe il suo nobile Palazzo e la fanciulla desiderata.

Ancora oggi si narra che sia visibile questo buco ancora aperto nel pavimento, forse adoperato come pozzo, attualmente chiuso ma che è possibile scoprire durante le aperture straordinarie di questo spettacolare monumento, dichiarato Patrimonio dell’Umanità Unesco

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4 risposte a “Palazzo Penne o Belzebù’. Il patto col Diavolo”

  1. nilde55 ha detto:

    quando si può visitare?
    grazie mille
    lea

  2. lucia ha detto:

    Dove si trova? È finito il restauro?

  3. Mariantonia ha detto:

    Qual è la fonte della legenda?

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