O ciuccio e Fechella è un modo di dire del tutto vesuviano. Ma è anche un animale davvero esistito. E con un forte legame con la storia del Calcio Napoli.
Napoli è ricca di espressioni che rappresentano la storia della città. Tra loro ve n’è una del tutto vesuviana. Quest’ultima è O Ciuccio e Fechella.
O ciuccio e Fechella
Sebbene queste siano le parole maggiormente usate, la frase intera è “Me pare o ciuccio e Fechella: trentatré chiaje e a coda fraceta!” La traduzione corrisponde a: “Mi ricordi l’asino di Fechella, con trentatré piaghe e la coda marcia”.
Il significato
L’espressione sottolinea la cagionevolezza dell’animale. Quest’ultima viene usata come metro di paragone per gli esseri umani. Coloro i quali, infatti, sono soliti lamentarsi della propria condizione fisica e salutare, vengono immancabilmente paragonati al povero ciuchino.
La vera storia dell’animale
L’asino in questione è davvero esistito. Nei primi decenni del ‘900, nel comune di Torre del Greco, nel napoletano, vi era tal Don Mimì. L’uomo, nato Domenico Ascione, era conosciuto come Fechella. E si vocifera che il famoso animale fosse di sua proprietà. L’occupazione del signore era quella di trasportare prodotti alimentari nel Rione Luttazzi a bordo di un malandato asino che, provato dal carico, divenne davvero malconcio. I due erano molto noti nella zona e le condizioni del povero asinello erano evidenti a tutti. Per questo motivo, quando qualcuno lamentava malanni, veniva paragonato al ciuccio di Fechella. E ciò succede ancora oggi, a distanza di un secolo intero.
Il legame con la squadra del Napoli
Quando nacque la squadra di calcio del Napoli, il simbolo utilizzato per rappresentarla fu un cavallo nero, per ricordare l’antica bandiera della città. Ma il primo campionato non andò granché bene, per cui i tifosi cominciarono a a scambiare sarcasticamente il cavallino col ciuccio di Fechella, paragonando le condizioni dell’animale alle prestazioni della squadra. L’espressione prese il volo e l’asinello prese il posto del puledro.
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