L’ultimo amore di Ferdinando IV di Borbone fu l’amata Lucia Migliaccio,la duchessa siciliana che fece perdutamente innamorare il re delle Due Sicilie; a lei furono dedicate Villa Floridiana e Palazzo Partanna.
La chiesa di San Francesco di Paola: l'iscrizione sulla cupola e gli ipogei segreti“Mia cara e buona Lucia”
Ferdinando IV di Borbone re di Napoli e delle Due Sicilie, adorava chiamare così la sua seconda moglie, la bellissima siciliana Lucia Migliaccio duchessa di Floridia, vedova di Benedetto Grifeo principe di Partanna. Il loro matrimonio fu morganatico, ovvero Lucia non divenne mai regina consorte, privata dei benefici e della successione al trono sia per lei e che per i suoi figli; ciò malgrado ebbe molta ascesa a corte e nella cultura del regno, considerata la vera moglie di re Ferdinando.
Lucia Migliaccio di ramo spagnolo era figlia di Vincenzo Migliaccio duca di San Donato e di Florida, e di Dorotea Borgia e Rau, nata a Siracusa il 18 gennaio del 1770. A ventun’anni sposa a Palermo Benedetto Grifeo principe di Partanna nel 1781 e dal matrimonio nacquero ben sette figli. Rimasta vedova nel 1812 e temendo un tracollo economico per il suo casato, convola in seconde nozze.
Succeduta alla morte della prima moglie Maria Carolina d’Austria avvenuta l’8 settembre 1814, Ferdinando IV di Borbone sposa Lucia in seconde nozze a Palermo, il 27 novembre 1814 noncurante del lutto in famiglia e della vedovanza di entrambi, il matrimonio celebrato a distanza di due mesi, destò tanto scandalo e insofferenza tra la nobiltà e i sudditi.
Per Ferdinando, la presenza di Lucia negli ultimi anni della sua vita, fu una vera e propria benedizione, una ventata di libertà e di umanità unita al senso del dovere e della dignità, al contrario della dispotica e opprimente Maria Carolina, lasciva e ribelle che mal tollerava suo marito e il regno.
Ferdinando IV di Borbone denominato “re Nasone o re Lazzarone” nonostante i suoi 63 anni, non perse mai la fama e la grinta di incallito «Don Giovanni» ma dovette deporre la sua arte seduttoria per sempre, difronte alle grazie della bella Lucia, sua sposa di soli 44 anni, ancora nel pieno della sua femminilità. Nutriva per lei rispetto e amore profondo, slanci di tenerezza l’uno verso l’altra come una vera coppia di innamorati, la più bella e felice mai vista sul trono di Napoli.
Il fascino di Lucia Migliaccio era conosciuto da poeti e letterati del regno delle Due Sicilie che a lei avevano decantato odi e versi sublimi, ispirati alla sua grazie e alla sua bellezza raffinata:-“nessuno poteva vantare gli occhi meravigliosi di Lucia, di un fascino classico e vellutato, occhi … neri come il giavazzo, e in cui la grazia, il sentimento e la voluttà apparivano fusi armoniosamente, con sguardi che facevano vibrare le fibre più intime e giungevano al midollo delle ossa”.
Wolfgang Goethe aveva conosciuto Lucia quand’era ancora adolescente e ne ricordava lo sguardo ammaliante nero e passionale che lo prendeva al cuore, celebrandone le grazie nella lirica tedesca “Sizilianisches Lied”- Canto siciliano”; come Giovanni Meli, poeta siciliano e suo contemporaneo che compose l’ode “Ucchiuzzi niuri”.
Ferdinando non aveva occhi che per lei; aveva conosciuto la duchessa Lucia di Floridia a Palermo durante il suo primo soggiorno tra il 1799 e il 1801 durante i moti rivoluzionari, ma solo qualche anno più tardi, nel suo secondo esilio (durato nove anni) ne approfondì la conoscenza e fatalmente divennero amanti.
Rimasta vedova del principe Partanna che le aveva favorito una prole numerosa, la sua bellezza florida non fu mai intaccata; bruna con occhi di brace e fisico avvenente, faceva sognare la corte e ingelosire il suo consorte anche per la generosità del suo buon cuore.
Nonostante fu regina senza corona si mostrava sempre all’altezza e padrona della situazione, accompagnando Ferdinando IV nei suoi spostamenti diplomatici, senza interferire negli affari di stato e conversando con tatto con le varie cariche e autorità.
L’unico a non apprezzare le qualità della nobile Lucia, era Francesco, il futuro successore al trono e figlio di re Ferdinando che la disdegnava pubblicamente, sollevando accuse sui presunti trascorsi della duchessa. Memorabile è la risposta secca in dialetto di re Ferdinando indirizzata al figlio: “ Penza ‘a mammeta, guagliò, penza ’a mammeta!” Alludendo al passato peccaminoso e riconosciuto di Maria Carolina.
Dopo la morte di re Ferdinando IV avvenuta la mattina del 4 gennaio 1825, Lucia piombò nel dolore e nello sconforto per la perdita del suo amato e a distanza di pochi mesi, si spense dopo una lunga malattia a Napoli il 26 aprile 1826 a Palazzo Partanna in piazza dei Martiri, dovesi era ritirata pubblicamente.
La sua tomba (per volere del re) riposa accanto a quella del suo amato consorte Ferdinando IV di Borbone, nel transetto a sinistra della Chiesa di San Ferdinando in Piazza Trieste e Trento, visibile nel monumento marmoreo di Tito Angelini, a ricordare il loro amore eterno.
Il pegno d’amore di re Ferdinando a Lucia: la Villa Floridiana e la fontana degli innamorati
Il loro idillio d’amore fu coronato da sontuose feste a Palazzo Reale anche perché i Borbone avevano riguadagnato il trono di Napoli e Ferdinando concedeva molto volentieri numerosi doni intestati alla consorte come il bellissimo Palazzo Partanna in Via Chiaia (dove la duchessa si ritirerà dopo la morte del suo consorte) e il grande polmone verde del Vomero quale la Villa Floridiana e l’annessa Villa Lucia, un’immenso progetto architettonico e stilistico che fondeva il paesaggio naturale del parco e della collina in modo scenografico.
Ferdinando IV di Borbone acquistò la vecchia tenuta del principe Giuseppe Caracciolo di Torella al Vomero e ne affidò sia ristrutturazione del villino che la costruzione del parco al grande talento italiano architetto e decoratore Antonio Niccolini nel 1817-1819.
Completati i lavori la villa fu chiamata «Villa Floridiana» in onore della moglie duchessa di Floridia e concepita in stile neoclassico ispirata ai maggiori soggetti classici e mitologici, e inserita nell’ampio parco con i giardini romantici all’italiana, ornati da piante di pini, lecci, platani, palme, bossi e tante varianti di camelie.
Inoltre il ricco complesso comprendeva anche Villa Lucia, più un teatrino all’aperto detto “della Verzura” e un grazioso tempietto circolare d’ordine ionico, fra finte rovine e serre, a celebrare l’impeccabile stile neoclassico.
Non ultimo: per soddisfare i desideri della duchessa, conoscendone i gusti, Ferdinando fece includere anche uno zoo di animali esotici di ogni genere, frutto di scambi con l’Inghilterra costata al re circa 18 preziosi papiri ercolanesi non svolti…
Dal 1927 Villa Floridiana ospita il museo dedicato alle arti decorative, ovvero il Museo nazionale della ceramica Duca di Martina.
Il pegno d’amore più importante che Ferdinando donò alla sua amata Lucia, intriso di simbologie che suggellavano il loro amore eterno, fu il gruppo scultoreo della Fontana degli Innamorati, raffiguranti le divinità dell’amore coniugale Eros e Imene (o il Bacco e Flora) una chiara trasposizione classicheggiante in riferimento agli stessi Ferdinando e Lucia.
La fontana degli Innamorati, tornata a brillare nel 2016 grazie ad un prezioso intervento di restauro è stata donata nuovamente al parco e ai napoletani. Si narra che sia di buon auspicio visitarla poiché salda le unioni, il matrimonio e fortifica gli innamorati.
Una piccola precisazione: la tomba di Ferdinando IV di Borbone è sito nella Chiesa di Santa Chiara mentre solo la tomba di Lucia Migliaccio è nella chiesa di San Ferdinando.