L’Imbrecciata: il primo quartiere a luci rosse fu a Napoli

Fra i primati che vanta la città di Napoli c'è anche uno fra i primi quartieri a luci rosse del mondo: l'imbrecciata nel borgo di Sant'Antonio Abate!

Arte e Cultura
Articolo di , 30 Ago 2024
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Foto @Pexels

Il Borgo di Sant’Antonio Abate, anticamente era la Amsterdam napoletana. Un luogo di peccati e perdizione. Soprattutto un luogo dove si praticava la prostituzione sia maschile che femminile, noto col nome di imbrecciata.

Peraltro, non per volersi vantare, ma Napoli a lungo ha potuto vantare il titolo di capitale mondiale del piacere sessuale. Le testimonianze arrivano senza troppi problemi anche ad inizio ‘500 quando è documentata la concentrazione di postriboli nella zona del Borgo di Sant’Antonio ad opera di Don Pedro De Toledo. 

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L’imbrecciata a Napoli

Il nostro quartiere a luci rosse prendeva il nome di Imbrecciata. Il nome Imbrecciata deriva dal peculiare manto stradale acciottolato che ricopriva i percorsi urbani del quartiere e viene richiamato anche nel  libro “Storia della prostituzione” di Salvatore Di Giacomo. Deriva dal nome dei ciottoli con la quale era lastricata la strada, che prendevano il nome di breccia: sassi appiattiti e levigati, utilizzati anche in un gioco antico napoletano.

L’imbrecciata diventa prima luogo in cui si ritrovano taverne, prostitute, clienti, ladri e balordi, fra il XV e il XIX secolo, poi sarà addirittura Ferdinando I di Borbone, a fine ‘700 a consacrare la zona al meretricio attraverso un editto col quale la prostituzione veniva autorizzata e concentrata solo in quella zona.

Ferdinando II, nel 1855, se mise ‘a coppa costruendo un muro per isolare i clienti che cercavano piacere e sollazzo, in cambio di denaro. 

L’imbrecciata ci viene tramandata come luogo di perdizione e come luogo pericolosissimo.

Si narra fosse il palcoscenico criminale in cui  regnava la violenza di Ciccio Cappuccio, un noto camorrista della zona. Un mediatore che garantiva l’armonia fra le bande rivali e che, manco a dirlo, ovviamente, gestiva il milionario giro di prostituzione. Insomma incarnava la figura classica del ricottaro.

All’interno di questo rione, c’era poi anche un viale tutto frequentato da omosessuali e travestiti, che prendeva il nome di Vico Femminelle. Il vico si chiama, ora, Via Pietro Antonio Lettieri.

Nella cultura letteraria

L’imbrecciata, peraltro, gode di una notorietà internazionale ed è famosa anche oltralpe. Costituiva, infatti, una sorta di meta obbligatoria del peccato per i giovani rampolli nobili o borghesi che desiderassero godersi la vita (ed avessero i soldi per permetterselo, i chiattilli non li ha inventati certo il terzo millennio, ndr) e per completare la formazione culturale in Italia – sì, certo, ci crediamo, un po’ come visitare i musei ad Amsterdam -.

È citata anche da Gustave Flaubert, l’autore di Madame Bovary, che visitò Napoli nel 1851 e scrisse: “ Napoli è affascinante per la quantità di donne che ci sono. Un intero quartiere è abitato da prostitute che stanno davanti alle loro porte; è una vera e propria suburra. Quando si passa per la strada, arrotolano le loro vesti fino alle ascelle per mostrarvi il culo, per avere due o tre soldi.” Ognuno si arrangia come può.

Alexandre Dumas padre scrisse, invece, di Napoli: “Un luogo abitato soltanto da donne le quali, vecchie o giovani, belle o brutte, di ogni età e di ogni paese, di ogni condizione, sono buttate lì alla rinfusa sorvegliate come criminali, parcheggiate come gregge, braccate come bestie alla rinfusa.

La fine dell’imbrecciata

A guastare i piani di Ciccio Cappuccio e di tutto il team malavitoso che regnava incontrastato nella zona, è stato lo Stato Italiano, che dopo l’unità d’Italia, nel 1876 inaugura i casini di Stato e termina l’esperienza di prostituzione nel quartiere dell’Imbrecciata.

I casini nacquero, in realtà, anche per combattere il dilagare delle malattie veneree conseguenti alla promiscuità scellerata cui il quartiere era abituato, regolandone attività, tariffe, sanzioni e modalità. La prostituzione migrò, dunque, anche in altri quartieri e smise di essere esclusiva del borgo di Sant’Antonio Abate.

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