L’ascensore di Posillipo-Piedigrotta: storia e industrializzazione nella mobilità di Napoli

Un innovazione all'avanguardia: l'ascensore di Posillipo-Piedigrotta che univa due quartieri su 127 metri di dislivello.

Arte e Cultura
Articolo di , 30 Ago 2024
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Fonte Picryl

Oggi non tutti sanno che, nel secolo scorso, c’era un ascensore che collegava due quartieri distanti della città di Napoli: l’ascensore di Posillipo-Piedigrotta. Dimenticato dalla storia, questo mezzo univa due luoghi posti ad un dislivello di 127 metri. Riscopriamo insieme la storia di questo mezzo di trasporto, oggi diffusissimo, ma all’epoca simbolo di avanguardia tecnologica.

Napoli e il progresso industriale

Un tempo, il promontorio di Posillipo era una vasta campagna di uve e ortaggi, distante dal cuore pulsante di Napoli, con il villaggio di Fuorigrotta posizionato circa trecento metri più in basso.

"N'aggio appis'e sciem, ma tu 'e spezzato 'o chiuovo!", il significato

Dalla collina era possibile ammirare l’immensa foresta che circondava il paesaggio sottostante, segnato dall’antica strada romana Domiziana, collegamento verso la spiaggia di Bagnoli. Paesaggio incontaminato e totalmente diverso da quello che è oggi, questi luoghi furono protagonisti del progresso tecnologico e urbano della città.

Durante il tumultuoso passaggio di Napoli da capitale borbonica a metropoli industriale, l’ascensore emerse come un ponte verso la modernità, facilitando una mobilità prima impensabile. La fine del XIX secolo vide un’epoca di grande trasformazione, con la speculazione edilizia e l’espansione dei trasporti pubblici a definire il nuovo volto urbano. L’ascensore, con la sua cabina in legno, ferro, vetro e ottone, divenne non solo un mezzo di trasporto ma una vera e propria attrazione turistica.

L’ascensore di Posillipo-Piedigrotta e la scritta “LIFT” sulla collina

La scritta “LIFT” che sovrastava la collina di Posillipo segnava il luogo dove, a metà della Galleria 1884 (ora Galleria Quattro Giornate), sorgeva questo ascensore rivoluzionario. Scavato nel tufo della collina, il rivoluzionario mezzo univa il basso della città con Via Manzoni attraverso un percorso verticale unico nel suo genere.

Incastonato nella memoria imperitura collettiva e nelle cartoline dell’epoca, questo innovativo trasporto verticale poteva ospitare fino a 8 persone ed era azionato da un motore a vapore. Diretto da un macchinista elegantemente vestito, la cabina si muoveva su dei binari verticali.

Le corse dell’ascensore erano cadenzate, in principio, ogni 10 minuti. Nel 1925, anno della sua ultima salita, il motore a vapore venne sostituito da un potente motore elettrico che riduceva il tempo della corsa, garantendone una ogni 5 minuti.

La chiusura definitiva dell’ascensore

Nonostante il suo successo iniziale, l’ascensore cessò di operare nel 1925, un destino segnato da scelte urbane e storiche che ne decretarono la chiusura. Durante le “quattro giornate di Napoli” le truppe tedesche fecero esplodere l’ascensore e la stazione di Posillipo, luogo che potenzialmente poteva ospitare i partigiani.

La storia dell’ascensore di Posillipo-Piedigrotta rimane un capitolo affascinante della storia napoletana, nascosta dal degrado di quel che resta della vecchia galleria. I ruderi della stazione sono ancora visibili a via Manzoni, al numero 90. Una piccola costruzione in tufo giallo avvolta dall’incuria è ciò che resta di quello che era, una volta, il simbolo dell’innovazione tecnologica della nostra bellissima città.

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