Potremmo aprire l’articolo con questo detto popolare: «N’è passata di acqua sotto i ponti!» per indicare l’incredibile stato di abbandono e degrado che questo piccolo ma importante sito storico-artistico, versa da molti e lunghi anni.
Passata alla storia con il nome Fontana della Duchessa (da non confondere con la sua omonima situata a Capodimonte) sarebbe opportuno chiamarla col suo nome «Abbeveratoio Monumentale di Calata Capodichino» sul luogo dove è ubicata da circa settantanni, dal 1943.
La sua costruzione sorge proprio nel quartiere di Capodichino sulla salita, centro storico molto importante per lo sviluppo sociale ed economico dell’area Nord di Napoli. Molti identificano questa zona con il celebre Aeroporto che ingloba buona parte del quartiere, ma pochi conoscono i suoi tesori e le sue meraviglie che si insinuano fra i vecchi edifici, le piazze e le pietre di tufo. Vi è un’altra Capodichino da riscoprire.
Il Teatro San Carlo festeggia gli 80 anni di Carla Fracci!La sua storia e l’origine del nome
Capodichino, trae il suo nome da “Clivum de Caput de chio” di origine medioevale e stava ad indicare la parte terminale della rapida strada in curva detta «clivius» che partiva da Porta Capuana. E’ stata citata in un documento storico del 877 d.C. in occasione della traslazione delle spoglie del Vescovo Sant’Attanasio in Napoli da Monte Cassino. Mentre si legge in un’altro documento datato 16 ottobre del 1342 che la regina di Napoli Sancha Di Maiorca, moglie di re Roberto D’Angiò, avrebbe donato al Monastero di Santa Chiara un apprezzamento di terra proprio a Capodichino, nota per essere una zona molto fertile e rigogliosa.
Altre fonti citano questa zona con l’appellativo di «Liburnia» di origine greco-latina infatti si legge: «Item terra una alia similiter arbustaia aboribus et vitibus grecis et latinis sita in Capo de Chio ubi dicitur S. Petrus ad Paternum sive in Liburna …».
Nel Cinquecento Capodichino acquistò una fama alquanto negativa: era conosciuta come una zona molto pericolosa, cosparsa da una fitta e verde boscaglia rifugio di ladri e di briganti che si nascondevano nella famosa grotta degli «Sportiglioni» impiegata al suo tempo anche dal generale bizantino Flavio Belisario che nascose nella grotta il suo esercito, nella Campagna d’Italia contro i Goti nel 537 d.C. Un fatto di notevole interesse storico.
Dal 1600 in poi Capodichino era annesso al Casale Regio di Secondigliano una zona molto vasta a carattere rurale nota per le sue antiche masserie e l’aria salubre delle colline circostanti; da allora Capo de Chio mantenne la propria vocazione agricola meritandosi il vanto della fortunata produzione del vino Aglianico. Nel 1808 vennero attuati i lavori per bonificare i quartieri a Nord di Napoli, tra cui il Casale di San Pietro a Paterno situato al confine e furono migliorate le strade che portavano a Capodichino, dove fu istituito il Campo di Marte impiegato per le esercitazioni militari, sotto la guida di Gioacchino Murat;questi lavori sradicarono in maniera impressionante le coltivazioni tra cui, gli alberi, le viti, i frutteti e persino le case che vi dimoravano intorno, aprendo la strada per esigenze strategiche politiche e militari.
Quella bella e dolce distesa verde, come venne descritta al suo tempo, ora si avviava in modo inesorabile alla modernità.
La fontana Monumentale della Duchessa
La sua costruzione è recente, risalente allo scorso secolo nel 1943 ma le pietre su cui ancora poggia la diroccata fontana, sono di rilevanza storica e paesaggistica.
L’abbeveratoio Monumentale venne costruito per volontà di Elena d’Orléans, moglie di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, come dono della Duchessa alla città di Napoli, di cui era molto affezionata.
Perché scelse di istituire una fontana a Capodichino? Voleva fare omaggio della città di un piccolo e importante ornamento, funzionale per i suoi cittadini; la salita infatti era meta di viandanti che si spostavano dal centro alle zone limitrofe con il loro carico, e molti di questi erano principalmente commercianti di bestiame, abbraccianti agricoli che riempivano le loro carrette con sporte di frutta trainata da semplici asini e cavalli. Il cammino era duro e faticoso, lo sapevano giustamente i nostri nonni e allora la Duchessa pensò bene di donare un’opera pia a Capodichino, rifacendosi al principio delle 7 opere della Misericordia, citando il secondo “Dar da bere agli assetati” e fu così che si avviarono i lavori della fontana.
La fontana che tristemente è stata abbandonata è posta su un alta parete in tufo napoletano su cui è addossata una vasca rettangolare in piperno molto logorata. Sulla facciata è inserita una cornice di piperno con arco dove si legge se pur sbiadita, l’epigrafe in stampatello su una lastra bianca che riporta un verso del Vangelo di Matteo «Venite a me tutti voi che siete affaticati e io vi ristorerò” e alla fine è posta l’omaggio della Duchessa e la data di fondazione dell’abbeveratoio.
Al di sotto di questa si nota un piccolo foro dal quale sgorgava l’acqua sempre fresca della sorgente del Serino, come testimoniano nella parte inferiore, le celebri arcate in laterizio dei Ponti Rossi che costituivano l’accesso settentrionale della condotta idrica in città.
Peccato che la fontana ha smesso di esercitare la sua funzione; sarebbe stato un bene prezioso per tutti.
Sin dalla sua nascita è servita come abbeveratoio per gli animali che si spostavano di buon ora in verso la città; passata nel lessico popolare come «fontana» in realtà aveva lo scopo di dissetare il bestiame stanco.
Da decenni ormai siamo costretti a vedere questa costruzione di rilevanza storica in preda all’incuria, vittima dell’usura del tempo, divorata dalla vegetazione e impiegata come svuota rifiuti da chi si presta insensibile alla tematica.
Da circa due anni, la fontana Monumentale della Duchessa a Calata Capodichino è stata inserita nel Programma Unesco e Valorizzazione Città Storica insieme ad altre storiche fontane, per il recupero di questi capolavori dell’arte, attraverso interventi di restauro di circa 27 monumenti cittadini.
Attendiamo presto il suo restauro e intanto dalla scheda resa nota dal Comune di Napoli si legge che la stima del quadro economico è di 56.000 euro di cui 42.000 euro per lavori, mentre per i tempi di progettazione si contano 90 giorni.
Curiosità: sia l’Abbeveratoio Monumentale di Capodichino che la sua omonima Fontana della Duchessa collocata a lato della maestosa Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte, sono entrambe opere pubbliche realizzate su espresso desiderio della Duchessa D’Aosta Elena D’Orléans, una donna di superba bellezza e di grande cultura.
Si recò a Napoli in quanto aveva buone speranza di sposare Vittorio Emanuele III ed essere incoronata regina d’Italia (un sogno sfumato) prima del suo felice matrimonio con il principe Alberto Vittorio.
Nel capoluogo si recò spesse volte e soggiornò a lungo con il marito alla Reggia di Capodimonte, portando una ventata rivoluzionaria nella cultura napoletana. Si distinse nella prima guerra mondiale dove fu ispettrice generale delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana,e ricevette medaglie e croci al merito.
Gabriele D’Annunzio ne fu ispirato profondamente e la descrisse nella sesta delle Canzoni D’Oltremare, a lei dedicata.
Nel 1947 fece dono alla Biblioteca Nazionale di Napoli del Fondo Aosta, ovvero una Raccolta libraria di oltre 11.000 volumi ed opuscoli, insieme alla Raccolta africana e alla Raccolta fotografica. Un pregio di valore.
Si spense nel 1951 a Castellamare di Stabia e sepolta nella Basilica Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte; ricordata sempre con grande affetto dal popolo napoletano.
Molto bello e interessante il vostro articolo. Penso alle innumerevoli volte che sono passata di là e non mi sono accorta della presenza di bene così prezioso, risalente ad un periodo storico che immagino fantastico dal punto di vista paesaggistico. Grazie