La storia di Napoli parte da molto lontano, la città probabilmente è più vetusta di Roma, le sue origini restano piuttosto vaghe e misteriose. Non si sa con certezza assoluta se sia stata fondata, fra il V e il VI sec. a.C., da coloni Eubei sbarcati direttamente sulla costa ovvero da un gruppo di abitanti della vicina città di Cuma, centro essenziale e venerando della colonizzazione greca nell’Italia meridionale.
I cumani potrebbero aver costituito un nucleo abitato sulla collina di Pizzofalcone dinanzi al mare di santa Lucia, una trentina di chilometri a sud della città -madre, sull’isolotto di Megaride, piccola isola su cui sorge il Castel dell’Ovo che, secondo un antico mito, già noto in Grecia orientale, ancora prima della fondazione di Neapolis, il corpo della sirena Partenope fu sepolto a Megaride, essendo stata trasportata dal mare in quella zona, dopo essersi lasciata morire in seguito al rifiuto di Ulisse, battezzando il villaggio con il nome di Partenope o Palepoli, prima che una spedizione di emigranti eubei si stabilisse in una zona più interna , per farvi sorgere la città nuova, Neapolis.
Pizzofalcone è un quartiere a sud di via Chiaia, il nome del quartiere è il soprannome dato sin dal 1200 al monte Echia, (dove oggi si trova la caserma dell’Annunziatella), che presentava pareti tufacee a strapiombo sul lido che offrivano una gran quantità di grotte, le cosiddette grotte Platamonie (da cui la parola Chiatamone), e che ritorna nei nomi di molti monumenti, ad esempio la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone costruita tra il 1600 e il 1610 per i padri teatini da Francesco Grimaldi.
Quel che invece non è revocabile in dubbio è il tracciato tipicamente ellenico della città nuova. Per poter capire Napoli e i suoi vicoli antichi dobbiamo necessariamente fare dei riferimenti storici e un passo indietro andando a leggere le origini della nostra città proprio lì, in Grecia. Proprio in Grecia visse Ippodamo da Mileto (V secolo a.C.), architetto e urbanista greco antico tra i più famosi.
Teorizzò forse per primo l’opportunità di costruire le città secondo schemi planimetrici regolari, introducendo la pianta “a griglia”, cioè con le strade che si intersecano ad angolo retto, delimitando ordinatamente i quartieri residenziali, gli edifici pubblici e i mercati. Sosteneva inoltre che la città ideale avrebbe dovuto contare al massimo 10.000 abitanti, divisi in tre classi: quella degli artigiani, quella degli agricoltori, e quella degli armati, i difensori della patria.
Lo schema ipotizzato da Ippodamo, detto appunto schema ippodameo si basava su tre assi longitudinali chiamati (in latino decumani), orientati in direzione est-ovest, intersecati da assi perpendicolari chiamati stenopoi (cardi), orientati in direzione nord-sud: l’intersezione di questi assi veniva a formare isolati rettangolari di forma allungata. Questo schema tipico fu applicato nella costruzione di numerose città antiche: se fino a quel momento le case venivano edificate per prime, e successivamente lo spazio tra loro diveniva strada, con la nuova pianificazione urbana venivano prima disegnate le strade, e successivamente tra loro venivano edificate le case. àˆ da ritenersi l’autore della sistemazione della zona portuale del Pireo ad Atene su incarico di Pericle. Nel 443 a.C., partecipò come architetto alla fondazione di Turi (la nuova Sibari) nell’Italia Meridionale da parte dei coloni Ateniesi, e nel 408 a.C. fu sovraintendente alla costruzione della nuova città di Rodi, realizzò il progetto sulla base del quale venne costruita nel 331 a.C. Alessandria d’Egitto alla foce del Nilo. Anche la città di Taranto è costruita secondo l’originale schema Ippodaneo.
L’impianto urbanistico di Neapolis aveva una struttura “a scacchiera” formata da tre grandi strade orientate da est a ovest, dette decumani: decumanus superior (via Sapienza, via Pisanelli, via Anticaglia, ecc.), decumanus maior (via Tribunali), decumanus inferior (via B. Croce, via S. Biagio dei librai, ecc.) intersecate da una serie di strade di collegamento tra nord e sud chiamate “cardines”.
Articolo scritto dall’architetto Mario Chirico