In origine Ischia fu Pithecusa, prima colonia della Magna Grecia, fondata nel 775 a.C. circa per opera dei Greci di Eretria e di Calcide sull’Eubea, un’isola situata nel Mar Egeo. Ciò che spinse Calcidesi ed Eretriesi a stanziarsi in questo luogo non fu la fertilità del suolo o la presenza di aree pianeggianti da coltivare, vista la natura vulcanica e la difficile conformazione del territorio, ma la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, che lo rendeva un’ottima base per gli scambi commerciali con la vicina isola d’Elba, abitata dagli Etruschi. Proprio grazie alla sua funzione di crocevia tra diversi popoli, in questa colonia mercantile si venne a creare una vera e propria società multietnica, costituita da Greci, Etruschi, Fenici e probabilmente anche Cartaginesi.
Se oggi possibile fare luce sulle origini dell’isola verde (così chiamata per l’abbondante presenza di un materiale tufaceo dell’omonimo colore), è grazie all’archeologo tedesco Giorgio Buchner, il quale intraprese gli scavi nella località di San Montano, nel comune di Lacco Ameno, dal 1952 al 1961. Ciò che ha rivoluzionato il parere degli storici dell’epoca, i quali ritenevano che fosse Cuma la prima colonia del Mediterraneo, fu il ritrovamento di un reperto archeologico di notevole importanza: la coppa di Nestore.
Un viaggio nella storia di Napoli alla Certosa di San MartinoLa Coppa di Nestore, prima testimonianza di scrittura alfabetica greca
La coppa è una kotyle (κοτύλη), ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici, che è stata ritrovata nella necropoli di San Montano, all’interno di una tomba a cremazione di un fanciullo di 10 anni. Tale reperto reca un’incisione laterale che si è rivelata essere uno dei primi esempi di scrittura greca, risalente all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. Sulla coppa sono riportate le seguenti parole:
«Νέστορος εἰμὶ εὔποτον ποτήριον ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης».
[Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona.]
Tali parole si riferiscono a quanto descritto nell’XI libro dell’Iliade, v. 632, in cui si narra della leggendaria coppa dell’eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla.
Fu sempre Buchner a condurre indagini approfondite sul nome originario dell’isola, detta Pithekoussai, forma ellenizzata che designava un antecedente toponimo. Sull’etimologia del nome Pithecusa, tuttavia, sono state avanzate diverse ipotesi.
Pithecusa, isola delle scimmie o dei vasai?
Questo nome dalla difficile pronuncia ha creato lunghi dibattiti tra storici e linguisti, impegnati a ricostruirne l’oscura etimologia. La prima interpretazione risale al 90 a.C., anno in cui l’alessandrino Xenagora mise per la prima volta in relazione Pithekoussai con il termine greco pithekos, “scimmia”, interpretabile con la leggenda della presenza a Ischia dei Cercopi e della loro trasformazione in scimmie. Una seconda ipotesi è stata proposta invece nella Naturalis Historia da Plinio il Vecchio, il quale si riferisce al greco pithoi, riconducibile alla lavorazione dei vasi di terracotta e delle anfore. Questa etimologia risulta più convincente date le attestazioni di una fiorente attività artigianale in quell’epoca, derivata dallo sfruttamento dell’argilla presente in loco.
Per avere un quadro più dettagliato della storia millenaria di Ischia, candidata all’Unesco proprio grazie ai siti di interesse storico e naturalistico, bisogna fare tappa al Museo Archeologico di Pithecusa, all’interno di Villa Arbusto, dov’è custodita anche la sopracitata coppa.
Ischia è dunque non soltanto una semplice meta balneare, ma una miniera di storia, arte e cultura.

Io ho sempre pensato semplicisticamente che l’appellativo di “isola verde” fosse legato a diffusa vegetazione…