Negli ultimi anni Napoli è parecchio presente sulle pellicole che, non di rado, presenziano alle grandi rassegne cinematografiche internazionali.
Merito di una nutrita e laboriosa schiera di artigiani del settore, fra registi, autori, attori e tecnici. Il lato interessante del fenomeno è che questo indicizza il termine “Napoli” senza tuttavia ricorrere alle classiche immagini da cartolina tipo il Vesuvio, il caffè, la pizza. Servillo, Martone, Sorrentino, Ruccello, Santanelli, Accetta e tanti, tanti, altri si adoperano in questa fuga dal cliché: prima un lenzuolo, poi un altro ed un altro ancora; un paio di nodi stretti e via dalle sbarre che rinchiudono, per motivi commerciali, l’unica vera risorsa che fa grande Napoli, la fantasia e creatività del suo popolo.
Basta con la vita del vicolo e i suoi panni stesi, basta napoletano “corretto” (a ben vedere, anzi sentire, corrotto), basta Vesuvio, dichiariamo la morte di Pulcinella. Si pensi ai sottotitoli stranianti di “Gomorra”; alla duplice storia di insofferenza de “L’uomo in più”, dove Sorrentino s’ispira al calciatore di Roma e Salernitana Di Bartolomei e alla carriera di Califano; alla versione servilliana di “Sabato, domenica e Lunedì”, dove la materia eduardiana è affrontata con gli strumenti della moderna estetica teatrale, al protagonismo della periferia casertana ne “L’imbalsamatore” di Garrone.
E ci sarebbero poi “I Vesuviani”, raccolta di corti e mediometraggi dell’ultima generazione di cineasti partenopei (i vesuviani appunto): Capuano, Corsicato, Incerti, De Lillo, Martone. Il rischio è la stagnante ricaduta nella novità, riducendola e avvilendola in una “categoria” del repertorio. I segnali però sono ottimistici, i risultati conseguiti fin ora molto positivi. La garanzia è data dalle finalmente libere “cape” smaniose di sperimentazione. La strada aperta dal test si chiama novità. La circolare uguaglianza corrode il camicione di Pulcinella, le tarme ce ne restituiscono solo i bottoni.
Articolo scritto da Gianluca Guarino
Pulcinella è una figura ambigua e ambivalente. Molto più complessa di quanto sembri. Purtroppo è stata propagandata solo quella del burlone, debosciato e mangiaspagetti. Per questo si cerca di farlo morire.