Apice vecchia: borgo fantasma dove il tempo è fermo

Apice vecchia è un paese fantasma del beneventano, deserto dal 1980. Abbandonato dopo i due terremoti dell'Irpinia, è ad oggi il borgo disabitato più affascinante d'Italia. Luogo di eventi, di shooting, di spettacolo.

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Articolo di , 10 Mag 2021
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Apice vecchia è uno dei tanti borghi d’Italia ad essere completamente disabitati. Un po’ come la frazione Croce in provincia di Caserta, ormai popolata solo da abitanti a quattro zampe ( quattro simpatici cani randagi), anche Apice è stata congelata nel tempo. Un tempo che non conosce il via vai dei cittadini, ma solo i loro fantasmi, le loro ombre remote. Viene considerato uno dei borghi deserti più affascinanti di Italia.

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Apice vecchia: il paese fantasma per eccellenza

Tra i tanti borghi campani abbandonati, Apice è sicuramente la più famosa. Possiamo considerarlo il paese fantasma per eccellenza. Fondata ai tempi della Roma Caput Mundi a soli 12 chilometri dall’attuale Benevento, venne abbandonata nel 1962. La causa dell’abbandono fu il fortissimo terremoto dell’Irpinia, che travolse  il borgo campano nell’agosto di quell’anno.

 

Le tremende scosse di terremoto, di ben VI e VII grado della scala Mercalli, fecero tremare il Sannio e l’Irpinia. Le vittime ammontarono a 17 ed Apice fu uno dei centri maggiormente colpiti dalla catastrofe. Nonostante questo, il paesino non fu distrutto, ma i cittadini dovettero evacuare la zona. Temendo ulteriori crolli o vittime, il Ministero dei Lavori Pubblici  ne sanzionò e obbligò lo sgombero.

I 6500 abitanti abbandonarono le loro case, talvolta i loro oggetti. Le prove della loro esistenza, di una vita passata che non esiste più e continua altrove, sono ancora lì.

Ma non tutti ascoltarono e rispettarono l’ordinanza: l’attaccamento alla propria terra è una legge dell’animo. Alcuni degli abitanti più determinati non abbandonarono Apice. Resistettero a pressioni ed ordinanze per ben 18 anni. Tuttavia, nel 1980 la natura vinse. La scossa dell’80 non era più ignorabile o sfidabile. 

 

Il tempo, ad Apice, si è fermato dunque due volte. Metà paese è fermo agli anni ’60, un’altra parte conserva reperti moderni, ampliando la bolla storica. Il paese, chiuso da parecchi decenni, è diventato luogo culturale e di spettacolo. L’essere luogo di show e di arte ha confuso ciò che davvero permane della vera Apice e ciò che invece è stato riscostruito. Questa sincronia tra passato e presente crea un dialogo artistico e filosofico interessante, unico.

 

La suggestività di Apice non può restare lì, ignorata, senza esistere sotto lo sguardo di qualcuno. Al contempo, la sua immobilità è la sola strada per preservarne l’originalità. Una dicotomia ed un conflitto di interessi che apre le porte ad un possibile, complesso futuro.

 

 

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