Uno dei luoghi più importanti di Napoli a livello storico e culturale è sicuramente il Cimitero di Santa Maria del Popolo, cimitero delle 366 fosse. Il cimitero fu infatti anche un luogo di molte innovazioni oltre a racchiudere una parte della storia napoletana fondamentale.
Fu ideato dall’architetto Fuga verso il 1762 e fu il primo cimitero ad uso dei poveri, inoltre anticipò l’editto di Saint Cloud del 1804 che prevedeva la sepoltura dei morti fuori dalle mura della città.
Napoli, al tempo, stava subendo un’epidemia, quella delle febbri putride, dovuta soprattutto per mal notrizione e situazioni igeniche scarse, ma Napoli aveva ancora fresca memoria della recente peste del 1656 e quindi in molti allontanarono i malati per paura del contagio.
I malati venivano curati presso l’Albergo dei Poveri, dove grazie all’opera di Padre Gregorio Maria Rocco venivano curati, lavati mentre le vesti bruciate. Purtroppo appena il Padre si allontanò a prenderne le redini fu il governo della città che rovinò completamente l’opera. L’albergo infatti poteva accogliere circa 500 persone in condizioni dignitose, invece ne accolse oltre mille e questo ammasso portò un peggioramento delle condizioni igieniche che non aiutavano certo la guarigione, provocando la morte di circa 175 morti al giorno.
L’architetto Fuga ebbe l’dea per la creazione di un cimitero che evitasse le sepolture di massa senza alcun ordine e dove i corpi venivano letteralmente gettati alla rinfusa, il suo progetto dunque comprendeva fosse numerate secondo i 365 giorni dell’anno più l’anno bisestile quindi 366 fosse.
La mattina quindi si apriva la fossa del giorno corrispondente e vi si riponevano i corpi, alla sera questa fosse veniva chiusa e sigillata.
Per l’epoca fu un idea rivoluzionaria alla quale però molti nobili si opposero, per le solite ragioni dei nobili: l’egoismo. Questi infatti venivano ancora sepolti all’interno della città.
Ad ogni modo pestilenze e febbri ridussero Napoli a una città dove morti e vivi si mischiavano quotidianamente, spesso a causa del caos anche persone vive, ma magari in stato di incoscienza, venivano pensate morte e seppellite assieme ai cadaveri.
Nel 1875 una baronessa perse sua figlia a causa dell’epidemia di colera e donò un argano per far si che i copri non venissero semplicemente buttati nelle fosse, ma venissero invece lasciati calare più dolcemente.
L’uso di questo attrezzo inoltre prevenì l’incuria sui cadaveri e le sepolture troppo sbrigative, adesso quest’argano è ancora visibile perché lasciato a deteriorare e arruginire all’esterno delle fosse.
E’ una storia triste, che però ci può aiutare a ricordare quanto la città di Napoli sia forte, subì inoltre poco dopo l’epidemia del colera, ma nonostante questo è conosciuta come una città allegra e dove si canta a qualsiasi ora del giorno.
Queste 366 fosse, chiuse definitivamente nel 1890 raccolgono centinaia e centinaia di corpi e quindi centinaia di storie a loro corrispondenti. Chissà quante ce ne sono da raccontare per ognuno di loro, chissà quali misteri o avventure hanno vissuto e sicuramente tra i migliaia di corpi ci sarà qualche nostro antenato.
Se volete andare a visitare questo cimitero pieno di storia e cultura napoletana l’indirizzo preciso è in Via Fontanelle al Trivio, 50. Per informazioni potete chiamare il numero 0817806933
(la foto sotto rappresenta la struttura delle fosse)